Reinaldo Arenas, cubano con un innato talento per la poesia dimostrato fin dalla tenera età, diventa scrittore e poeta affermato e vince il suo primo premio letterario a soli 20 anni. Inizialmente carico di speranze per la Rivoluzione comunista e l'avvento del regime di Fidel Castro, vede presto naufragare i suoi sogni politici e sociali quando, per le sue tendenze omosessuali, viene imprigionato e tutte le sue opere vengono bandite dal governo. Dopo diversi tentativi di fuga, sempre falliti, riesce ad approfittare, nel 1980, di una sorta di moratoria in cui Castro autorizza le persone "non gradite" al sistema (tra cui omosessuali, malati di mente ed ex galeotti) a lasciare il paese. Reinaldo arriva negli Stati Uniti dove vive da esule anti-castrista riprendendo la sua attività di scrittore, con cui combatte la sua personale battaglia contro il regime al potere nella sua isola natia. Ma ancora non sa che i guai, per lui, non sono affatto terminati. Il secondo lungometraggio del newyorkese Julian Schnabel è un accorato dramma biografico ispirato alla vera storia del poeta Reinaldo Arenas e liberamente tratto dal suo omonimo racconto autobiografico ("Antes que anochezca"), pubblicato nel 1992, in cui lo scrittore esiliato racconta la sua vita, i suoi sogni infranti, la sua delusione politica e la sua avversione per il regime castrista. Esattamente come il libro anche il film è narrato secondo la prospettiva del protagonista e tutto viene filtrato, emotivamente, attraverso i suoi occhi. Questo lo rende, automaticamente, un'opera a tesi e di parte, con una forte critica contro i sistemi autoritari, le mentalità intolleranti e le ideologie discriminatorie ed un accorato grido di libertà che celebra la dignità umana, il diritto di scegliere autonomamente la propria vita e la forza dell'arte come strumento di ribellione e di affermazione identitaria. Il tema dell'omosessualità viene trattato con soffice pudore, senza eccessi kitsch e colorite cadute nello stereotipo. Come al solito il regista utilizza qualche vezzo sperimentale, in questo caso il protagonista che talvolta guarda nella macchina da presa e si rivolge esplicitamente allo spettatore, confidando aneddoti sulla propria condizione disagiata di maschio gay in una società intollerante, rimarcando così la natura in soggettiva della pellicola e sconfinando quasi nel falso documentario. Il lato più debole è senza dubbio quello politico, affrontato in maniera troppo convenzionale e frammentario, con qualche indulgenza di troppo nel didascalico. Di grande livello il cast, con tanti grandi attori famosi come Javier Bardem (magnifico protagonista), Sean Penn, Diego Luna, Johnny Depp, Lia Chapman, Jerzy Skolimowski, Olivier Martinez e John Ortiz (con alcuni di questi appena limitati a piccole apparizioni). Il film è stato molto apprezzato dalla critica, ma meno dal pubblico ed ha ottenuto diversi riconoscimenti: quattro premi al Festival di Venezia (tra cui il Gran Premio della Giuria per Schnabel e la Coppa Volpi al miglior attore per Bardem) e la candidatura all'Oscar come miglior protagonista, sempre per il talentuoso interprete spagnolo.
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