Indagando sulla morte sospetta di un dirigente d'azienda, un ispettore di provincia, John Klute, arriva nella città di New York e la sua pista lo conduce ad uno squillo di alto bordo di nome Bree Daniels. La donna fa conoscere al detective il torbido mondo della prostituzione di Manhattan, che si trova in stato di allarme per la presenza di un maniaco che sta uccidendo le ragazze. Tra i due nasce del tenero e Klute teme che Bree possa essere la prossima vittima nel mirino del killer. Questo avvincente thriller poliziesco dagli echi hitchcockiani di Alan J. Pakula è uno dei film più conosciuti e di maggior successo del regista, ben scritto da Andy Lewis e David E. Lewis e diretto con mano sicura dall'autore newyorkese. Girato principalmente nei quartieri di Hell's Kitchen e di East Harlem, ci offre un ritratto duro e sordido della New York "underground" dei primi anni '70, con il suo sottobosco di violenze, perversioni e comportamenti deviati; un'immagine decadente e pericolosa della grande metropoli nord americana che sarà comune a tutti i film della New Hollywood di questo periodo. Al di là degli aspetti crime e delle suggestioni morbose, quello che funziona meglio è la costruzione dei due personaggi principali; invece il loro rapporto sentimentale, fatto di tenerezza e attrazione sul filo tagliente del pericolo, non sempre convince appieno. Lo sbirro provinciale e determinato di Donald Sutherland è un punto fermo dell'opera, ma la vera forza della natura è il personaggio della escort Bree Daniels, interpretata magistralmente da una Jane Fonda dall'aspetto insolito (con un caschetto castano corto, che divenne rapidamente di tendenza) e con una miscela perfetta di erotismo, fragilità, grinta ed intensità emotiva. La performance della Fonda (che era fresca reduce dal ruolo leggero e sexy di Barbarella) fu così carismatica che mise d'accordo tutti, pubblico e critica, e le fruttò il primo Oscar come miglior attrice della sua carriera. Eppure, come da lei stessa più volte dichiarato, l'attrice ebbe molti dubbi prima di accettare il ruolo, perchè non si sentiva adatta e, dopo una fase di preparazione durante la quale frequentò locali notturni "particolari" incontrando anche personaggi "ambigui", si convinse maggiormente di non essere quella giusta per il personaggio. Fu il regista stesso ad insistere e a convincerla, e, alla luce dei risultati, ha avuto ampiamente ragione, meritandosi la perenne riconoscenza della celebre attrice americana. Durante la lavorazione Pakula modificò anche il focus del film, che inizialmente era maggiormente centrato sul personaggio di Klute, ma che lui decise in corso d'opera di spostare su quello femminile di Bree, con una felice intuizione.
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