Leo Bernardi è un famoso regista dal grande passato, a cui tutti si rivolgono con deferenza come "Maestro", ma che ha imboccato da tempo il crinale inesorabile della discesa. Uomo depresso e inquieto, non riesce ad accettare serenamente il declino dettato dal trascorrere del tempo e vive male i suoi giorni, in profonda crisi esistenziale ed artistica. Leo sta lavorando svogliatamente al suo ultimo film che deve "necessariamente" portare in concorso al Festival di Venezia, "Il ritorno di Casanova", la cui trama ha parecchi elementi in comune con la sua situazione attuale: Giacomo Casanova, invecchiato e stanco, soffre di un profondo tormento interiore perchè vede svanire giorno dopo giorno il suo famoso potere di seduttore, a mano a mano che sul suo corpo appaiono impietosi i segni degli anni. Rifugiatosi in casa di un amico, cerca disperatamente di sentirsi ancora giovane e vivo tentando di conquistare una splendida giovane fanciulla di nome Marcolina, che però ha già un prestante amante e non sembra per niente interessata a lui. Pur di ottenere il suo scopo Casanova mette in piedi un subdolo inganno, che avrà delle conseguenze drammatiche. Il ritorno di Casanova può essere considerato anche il ritorno di Gabriele Salvatores, dopo 10 anni di silenzio artistico in cui ci ha proposto solo l'elegante Comedians (2021), passato quasi inosservato ma da rivalutare. E' evidente che si tratti di un film ambizioso, sentito e parzialmente autobiografico, in cui il regista napoletano d'adozione milanese ha sicuramente messo molto di sé e del periodo che ha vissuto, creando quindi una tripla sovrapposizione Salvatores-Bernardi-Casanova. Già solo questo potrebbe bastare a rendere questo film interessante e degno di visione, ma per fortuna c'è anche molto altro. Con l'espediente del film nel film, l'autore realizza un doppio racconto a specchio che si sovrappone emotivamente in più punti, con un utilizzo abbondante del meta-cinema e la straniante scelta stilistica di utilizzare il bianco e nero per la vicenda ambientata oggi (Leo Bernardi, i suoi patemi, i suoi fantasmi interiori, le sue amanti, il suo unico amico e collaboratore fidato e la sua casa ipertecnologica la cui "ribellione" crea elementi comici) ed un pastoso colore per quella di Casanova e i suoi tormenti d'amore (che è fedelmente ispirata all'omonimo racconto di Arthur Schnitzler del 1918). Con una miriade di omaggi e citazioni (Fellini, Kubrick, Hitchcock, Tati), Salvatores torna finalmente a fare un cinema autoriale, audace, ricco di quella voglia di osare e di sperimentare che ha segnato l'apice della sua carriera negli anni '90. Si potrà poi obiettare facilmente che non tutto funziona e non tutto è messo adeguatamente a fuoco, perchè gli elementi messi in campo sono oggettivamente troppi, vedi il tema del doppio, la difficoltà del mestiere di fare cinema, l'ipocrisia tra colleghi o addetti ai lavori, il contrasto tra realtà e finzione, o quello tra antico e moderno, il grottesco rapporto con la tecnologia e, ovviamente, il male di vivere, che è tanto più forte nelle figure che hanno avuto il dono di un'esistenza illuminata, e di cui viene sottolineato il suo essere trasversale a tutte le epoche. Ma il tema centrale, ovvero il tempo che passa e la difficoltà di accettare il viale del tramonto, è declinato in maniera magistrale, con dolorosa eleganza e asciutta malinconia, anche grazie alle ottime performance dei due attori principali, Toni Servillo e Fabrizio Bentivoglio (perfetti nei rispettivi ruoli), a cui si aggiungono una intensa Sara Serraiocco e la splendida quasi esordiente Bianca Panconi, di cui certamente sentiremo ancora parlare.
La frase: "Ora i miei incantesimi si sono tutti spenti, la forza che possiedo è solamente mia, ed è poca" (W.Shakespeare)
Voto:
Nessun commento:
Posta un commento