mercoledì 26 luglio 2023

Il giudizio universale (1961) di Vittorio De Sica

A Napoli, in una mattina come tante, una voce tuonante che arriva dall'alto annuncia che alle ore 18 ci sarà il giudizio universale. L'annuncio si ripete regolarmente come un conto alla rovescia e, con l'avvicinarsi del fatidico momento, la preoccupazione aumenta e ciascuno reagisce a modo proprio. In un vasto campionario di umanità, che ci viene presentato attraverso una serie di "quadretti", l'attesa dell'annunciato giudizio provoca paura, rabbia, sconcerto, pentimento, follia, indifferenza o atteggiamenti scriteriati. E poi, "finalmente", arrivano le 18. Ambiziosa e magniloquente commedia sarcastica ideata e scritta da Cesare Zavattini e diretta da Vittorio De Sica con enfasi "circense", in costante oscillazione tra neorealismo e surrealismo, fiaba grottesca e allegoria morale, apologo antropologico e carosello partenopeo. Se nel precedente (e per certi versi attinente) Miracolo a Milano (1951) la coppia De Sica-Zavattini utilizzava l'inserimento di un elemento fantastico per raggiungere un lirismo poetico inteso a celebrare la dignità della miseria, in questo caso l'evento mistico, che dà il via all'azione e poi aleggia su tutti gli eventi, serve a innescare un grande teatro metaforico (composto da molteplici siparietti episodici) che vuole elevarsi a satira emblematica delle umane meschinità. L'ambizioso intento, evidente fin dall'inizio, non si sposa però completamente con l'effettiva realizzazione, per quanto la pellicola resti ampiamente godibile e ricca di momenti di grande cinema, con alcune scene e personaggi memorabili. I maggiori problemi derivano già dal "manico", ovvero dalla proverbiale grandeur del produttore Dino De Laurentiis, che pretese a tutti i costi un super cast corale (che ha pochi uguali nella storia del cinema italiano), dilatando così la struttura bozzettistica della storia, rendendola poco amalgamata e finendo per danneggiare diversi personaggi (e relativi interpreti), limitandone troppo la presenza in scena. Giusto per ricordare i nomi principali dei partecipanti all'opera, possiamo citare (in ordine sparso): Fernandel, Georges Rivière, Paolo Stoppa, Anouk Aimée, Nino Manfredi, Vittorio Gassman, Renato Rascel, Vittorio De Sica, Silvana Mangano, Jack Palance, Lino Ventura, Alberto Sordi, Ernest Borgnine, Ciccio Ingrassia, Franco Franchi, Domenico Modugno e persino il presentatore televisivo Mike Bongiorno. C'è insomma davvero troppa carne al fuoco per ottenere un risultato omogeneo ed equilibrato, a netto discapito della coerenza tematica. Alla sua uscita il film venne ampiamente criticato, anche con eccessivo accanimento, e quasi nessuno ne evidenziò i tratti positivi. Ad esempio il discusso ballo finale, girato a colori mentre la pellicola è principalmente in bianco e nero, venne tacciato di superficiale buonismo dai più, mentre invece è di perfido e beffardo cinismo. Questo incompreso kolossal napoletano si avvale anche di una squadra di tecnici di prim'ordine, con la bella fotografia dell'ungherese Gábor Pogány, le scenografie di Pasquale Romano e le musiche di Alessandro Cicognini. Alberto Sordi, che risulta uno dei più bravi nel ricco cast, tratteggia da par suo uno dei più spregevoli cattivi della sua sterminata galleria di maschere dell'italiano medio.
 
La frase: 
- "Sono le 18 comincia il giudizio universale! Cominciamo per ordine alfabetico!"
- "Io mi chiamo Zuzzurro!"

Voto:
voto: 3/5

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