Nella primavera del 1917 il giovane tedesco Paul Bäumer, infervorato dai discorsi patriottici del suo professore, decide di arruolarsi nell'esercito del Kaiser e di andare a combattere nella Prima Guerra Mondiale insieme ad altri tre suoi compagni di scuola. Spedito nelle sanguinose trincee del fronte occidentale al confine con la Francia, Paul scopre l'orrore della guerra, vede morire i suoi amici uno ad uno e si rende conto ben presto che la realtà è molto diversa da come se l'era immaginata nelle sue utopie nazionalistiche. I suoi ideali puri e ingenui si sgretolano rapidamente nei lunghi giorni trascorsi tra i brutali combattimenti nella trincea, soffrendo la fame, il freddo e la paura, in un inferno quotidiano dove la differenza tra la vita e la morte è affidata ad una pura casualità. Con la sconfitta della Germania ormai imminente, le trattative dell'armistizio procedono lente a causa di un manipolo di generali e politicanti che discutono ai tavoli del potere, appigliandosi a risibili questioni di principio e di onore, mentre migliaia di giovani mandati al macello continuano a morire ogni giorno. Alla fine del conflitto intere generazioni di tedeschi e di francesi saranno cancellate per sempre, in molti casi nel più doloroso anonimato, e tutto per lo scopo di mantenere o conquistare un fronte (quello occidentale, simbolo tragico della "grande guerra") che nel corso di 4 anni si è spostato appena di qualche centinaio di metri rispetto alla posizione iniziale. Il romanzo "Im Westen nichts Neues" (letteralmente "All'Ovest niente di nuovo"), scritto nel 1928 dal tedesco (e reduce di guerra) Erich Maria Remarque, è considerato da sempre uno dei più solidi e vigorosi manifesti dell'anti-militarismo, un accorato grido universale contro tutte le guerre e tutti i fanatismi ideologici che le alimentano. Da questo libro, bandito e osteggiato da militari e dittatori per circa 20 anni dopo la sua pubblicazione, è stato tratto il capolavoro cinematografico All'ovest niente di nuovo (All Quiet on the Western Front, 1930) di Lewis Milestone, che è stato il primo film di guerra dichiaratamente contro la guerra. Nel 1979 Delbert Mann ne ha girato uno scialbo remake per la televisione americana e questo di Edward Berger, di produzione tedesca, è il terzo adattamento per il grande schermo, fortemente voluto dal regista sassone per riattualizzare e rinvigorire il messaggio anti-bellico di Remarque. Un'operazione più che mai doverosa di questi tempi (con il conflitto in Ucraina ancora in corso) e perfettamente riuscita con straordinari risultati, sia artistici sia etici. Più che di un rifacimento del film di Milestone si tratta di un'autentica nuova versione, con una serie di piccole differenze nella storia raccontata ed una spiccata personalità propria, oltre che una potenza visiva strepitosa, grazie alla magnifica fotografia di James Friend, al cruento realismo delle ambientazioni, alla ferocia concettuale, agli scioccanti effetti speciali e ad una ricostruzione scenografica di impressionante naturalismo. E' un'opera maestosa e sconvolgente, ricca di momenti di grande cinema, che andrebbe assolutamente mostrata ai giovani come monito educativo e che riesce a potenziare la forza dirompente del messaggio di Remarque anche grazie ad un montaggio (invero talvolta un po' scolastico) che esemplifica al massimo livello il contrasto tra la guerra teorica dei comandanti seduti a tavolino e quella reale combattuta dai soldati nel fango e nel sangue. Di grande suggestione le musiche inquietanti di Volker Bertelmann e da applausi le interpretazioni del cast in cui il più famoso è Daniel Brühl, ma i più bravi sono i meno conosciuti Felix Kammerer, Albrecht Schuch, Aaron Hilmer e Moritz Klaus. Tra le molte sequenze memorabili vale la pena ricordare obbligatoriamente: il prologo sconcertante che equipara il valore della vita umana a quello di una divisa da riciclare, l'arrivo dei carri armati nella trincea, Paul contro il soldato francese nella fossa acquitrinosa ed il finale, tanto teatrale quanto carico di senso e di indignazione. Il film ha ottenuto 9 candidature agli Oscar, vincendo 4 statuette (tutte meritate): miglior film internazionale, fotografia, scenografie e colonna sonora.
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