Nel
1560 una spedizione di conquistadores
spagnoli, guidata da Gonzalo Pizarro, intraprende la difficile discesa del
versante peruviano della Cordigliera delle Ande alla ricerca del mitico El
Dorado. La giungla selvaggia e impenetrabile ne impedisce il passaggio e allora
Pizarro decide di inviare una pattuglia di esploratori, provvisti di zattere, lungo
il corso del fiume Urubamba, sotto il comando di Pedro de Urrua. Minacciati da
pericoli e avversità di ogni tipo, dai gorghi alle piene del temibile fiume,
fino agli attacchi dei feroci indigeni locali, gli esploratori vengono messi a
dura prova, fino a quando Urrua decide di abbandonare e tornare indietro. Ma il
suo braccio destro, l’ambizioso e spietato Lope de Aguirre, non è d’accordo, ne
usurpa il comando, imprigiona e processa Urrua come traditore e intraprende una
folle lotta contro le avversità, decidendo di portare avanti la missione ad
ogni costo, convertire i selvaggi indios e trovare l’oro leggendario. Vittima
della sua insana megalomania e del suo nevrotico desiderio di conquista, Aguirre
condurrà i suoi uomini alla morte e resterà da solo, ormai completamente pazzo,
sulla zattera alla deriva a strillare ordini esagitati verso un branco di
scimmie. Capolavoro storico biografico di Werner Herzog, liberamente ispirato
alle vicende (ampiamente romanzate dall’autore) del vero Lope de Aguirre nella
sua lunga ricerca di El Dorado, di cui ci è giunta traccia attraverso le
memorie scritte del frate Gaspar de Carvajal. E’ un film di potente respiro
epico e di mirabile fascinazione visiva, girato con scarsi mezzi nella giungla
peruviana in condizioni estreme e pericolose, pur di garantire il totale
verismo narrativo. Assolutamente memorabile la lunga sequenza iniziale, rimasta
nella Storia del Cinema, con la natura selvaggia, ostile e meravigliosa che
sembra in lotta contro sé stessa: un fiume “infuriato” per la piena, vette
impervie e aguzze immerse nella nebbia ed una lunga fila di uomini che discende
faticosamente lungo un ripido versante, quasi animando la nuda roccia e
l’asprezza di un paesaggio immutabile da migliaia da anni. Nella incredibile
location del Machu Pichu, di cui però cogliamo solo alcuni aspetti, il film si
apre con una inquadratura di straordinaria potenza visiva e di abbacinante
fascino figurativo. Una sequenza da togliere il fiato che vale, già da sola, il
prezzo del biglietto. La Natura
di Herzog, bellissima e terribile, è più di uno scenario o di uno sfondo
scenografico. E’ un autentico protagonista, vivo, palpitante, minaccioso, realisticamente
immersivo nel suo tripudio di immagini e di suoni, un essere immutabile sempre
pronto a ucciderti o a tenerti in vita, senza mai giudicarti. Questo capolavoro
di Herzog dalla lunga e tormentata lavorazione riscosse immediatamente un vasto
consenso di critica e segnò l’inizio del proficuo e burrascoso sodalizio
professionale tra il regista e il suo attore feticcio, il “suo nemico più
caro”, Klaus Kinski, che già su questo set diede vita a violenti litigi con Herzog
al punto che i due arrivarono addirittura a minacciarsi di morte. Ma,
nonostante il risaputo caratteraccio, Kinski diede il meglio di sé sotto la
direzione di Herzog, dando vita a personaggi e interpretazioni memorabili, come
questo Aguirre tormentato e maledetto. Come tutti i capolavori anche questa
complessa pellicola è interpretabile a vari livelli: grande avventura
pseudostorica che vale come allegoria satirica contro il colonialismo, il
razzismo e le oppressioni commesse in nome di Dio o della civiltà; parabola
luciferina sull’alterigia umana attraverso la tragedia di un eroe del male,
tratteggiato in forma mitologica come emblema dell’egocentrismo e della
solitudine; viaggio metafisico nella follia umana e nel delirio di onnipotenza,
per ribadire la pochezza e l’ingiustizia dell’azione (profanatoria) umana nei
confronti della natura. L’estetica dell’opera è onirica e allucinata, una sorta
di incubo esoterico attraversato da una sottile malia oscura che produce
vertigini e annichilisce lo spettatore attraverso uno straniamento epico di matrice
brechtiana. Aguirre è uno di quei
film da vedere obbligatoriamente almeno una volta nella vita, per consegnarsi
totalmente e lasciarsi trasportare dall’aspro incanto della visione,
prigionieri affascinati e impotenti di un incubo che ti resta dentro anche
quando le luci si accendono sui titoli di coda. Abbagliante e fulminante, è
un’opera unica che ha profondamente influenzato autori come Coppola e Malick e
che, ancora oggi, costituisce un viaggio estremo e memorabile al confine tra
cinema e follia.
Voto:
Nessun commento:
Posta un commento