Il
dottor Paul Eswai viene chiamato in un piccolo paese isolato sperduto nella
nebbia per eseguire un’autopsia sul corpo di una giovane donna morta in
circostanze misteriose. Il nostro viene accolto con freddezza e ostilità dai
locali, che non vedono di buon occhio gli stranieri e che sembrano nascondere
più di un segreto. Spalleggiato dal capo della polizia del luogo, Eswai scopre
una lunga serie di morti poco chiare che prendono a moltiplicarsi con
l’avanzare della sua indagine. Tutto sembra collegato, secondo la superstizione
locale, ad un’antica maledizione che ruota intorno alla vecchia villa che domina
il paese, che la gente ritiene infestata dagli spettri, ed al fantasma di una
bambina, deceduta anni prima in tragiche circostanze, che induce al suicidio coloro
che la vedono. Il dottor Eswai è ampiamente scettico al riguardo ma, ben
presto, le sue convinzioni razionali saranno messe a dura prova. Fenomenale
horror gotico a colori di Mario Bava, tra i migliori in assoluto dell’autore,
inopinatamente passato in sordina alla sua uscita a causa del fallimento della
casa di produzione, ma poi giustamente rivalutato negli anni successivi fino a
raggiungere lo stato di cult
assoluto, come la maggior parte dei film del regista ligure. Girato in modo
frettoloso (appena 12 giorni) a Cori (Latina), in condizioni di fortuna e con
un budget esiguo, è un’opera ipnotica e straniante che trasuda genio visionario
e fascino visivo da quasi tutte le sequenze, la cui potenza onirica, ottenuta
attraverso una furiosa sperimentazione nell’uso di sfocature, saturazioni
cromatiche e suggestioni psichedeliche, sancisce l’assoluto talento artigianale
dell’autore, capace di ottenere tanto dal poco. Dal punto di vista delle
sperimentazioni visive è un film memorabile, per l’uso espressionistico delle
luci e delle ombre, per l’enfatizzazione artistica dei colori e per lo
stravolgimento delle regole spazio temporali: la vicenda sembra avvenire in una
sola notte, anche se in realtà non è così, a causa della distorsione estetica
che confonde lo spettatore, immergendolo nel medesimo incubo del protagonista.
Almeno due le sequenze straordinarie, da iscrivere idealmente nell’antologia
del cinema horror: l’inquietante bambina fantasma che gioca con la palla (invero
il piccolo attore che la interpretava era un maschio, figlio del portiere del
palazzo dove abitava Bava) e la corsa allucinata di Eswai nei corridoi della
villa dei misteri, in cui sembra attraversare parecchie stanze diverse mentre,
in realtà, percorre sempre la stessa, nel costantemente inseguimento del
proprio doppelganger, prigioniero in
una dimensione kafkiana. Nel cast i più bravi sono Erika Blanc e Giacomo Rossi
Stuart. Il film venne distribuito, due anni dopo la sua uscita italiana, anche
negli Stati Uniti con il titolo di Kill
Baby, Kill. Oggi è unanimamente considerato un piccolo classico dell’horror
gotico, in miracoloso equilibrio tra genio e improvvisazione (come gran parte
del cinema di Mario Bava), e vanta vaste schiere di ammiratori, tra cui i
famosi registi Quentin Tarantino e Martin Scorsese. Anche Federico Fellini citò
espressamente la bambina fantasma di Operazione
paura nel suo episodio (intitolato “Toby
Dammit”) di Tre passi nel delirio
(1968).
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