Gli
ultimi sette giorni della vita di Gesù Cristo (dall’ingresso trionfale in
Gerusalemme al Getsemani, dal processo alla flagellazione, dal calvario alla
crocifissione, dalla morte alla resurrezione) raccontati in forma di musical da
un gruppo di turisti hippies appena
sbarcati da un autobus in un deserto della Palestina. La storia è narrata dalla
prospettiva di Giuda, un possente uomo di colore opposto ad un efebico Gesù
biondo, che è il vero protagonista della storia, che ci viene presentata in una
versione piuttosto alternativa rispetto all’iconografia tradizionale. Tratto da
un celebre musical composto dal britannico Andrew Lloyd Webber adattando i
libretti di Tom Rice, che ebbe grande successo nei teatri di Londra e di
Broadway, è un affresco musicale psichedelico rivoluzionario che riscrive la
più grande storia mai raccontata con i tempi e i modi delle ideologie
utopistiche libertarie dei primi anni ’70, improntate su un populismo eversivo
ma anche su un’esuberante visionarietà creativa. Si procede, quindi, tra
invenzioni notevoli e cadute di stile, tra momenti alti e scivoloni nel kitsch, con un palpitante senso
dell’eccesso e dello scandalo sempre in agguato che non giova alla resa
complessiva. Tra le sequenze da ricordare: la fila di carri armati nel deserto,
l’intenso patos nell’orto degli ulivi, la crocifissione di ispirazione
pittorica, la fustigazione al rallenty,
la baraonda finale rock misticheggiante. Molto belle le musiche e le canzoni
(alcune divenute famosissime) curate da Andrew Lloyd Webber. Nel cast svetta il
massiccio Carl Anderson nel ruolo di Giuda mentre Ted Neeley intepreta Gesù.
Alla sua uscita il film suscitò reazioni contrastanti, fu un mezzo flop al
botteghino e la Chiesa
cattolica romana mantenne una posizione “morbida” rispetto ad esso, ritenendo
che, pur nelle sue variazioni trasgressive rispetto alla dottrina ufficiale,
avrebbe comunque catturato l’attenzione dei giovani verso la figura del Cristo
a causa del suo linguaggio moderno. Nel tempo è stato generalmente rivalutato
come un piccolo cult, particolarmente
amato dai giovanissimi, ma è un film profondamente figlio della sua epoca e,
quindi, difficilmente giudicabile e comprensibile al di fuori del contesto
storico che lo ha partorito. Il pubblico moderno ne potrà apprezzare
essenzialmente le musiche e le ardite trovate visuali, ma difficilmente potrà
capirne il vero spirito. I nostalgici imperituri di “quegli anni formidabili” lo rivedranno con intensa gioia, ma con
scarsa obiettività.
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