Virgil
Starkwell, inetto giovanotto di Baltimora, cerca di superare i suoi complessi
di inferiorità dandosi alla carriera criminale. Ma, evidentemente, non è
portato per questo tipo di vita e combinerà un mare di guai. Commedia
parodistica sotto forma di mockumentary,
che alterna scene a colori ad altre in bianco e nero, per quello che può essere
considerato il primo vero film diretto da Woody Allen (anche se in Italia sarà
distribuito solo dopo il successivo Bananas).
In bilico costante tra la satira del cinema gangster, la comicità surreale ed
un sottile humour verbale con incursioni
nella pantomima dell’assurdo, è un’opera esilarante, a tratti irrisolta ma
sicuramente importante per la sua natura fondante. Non c’è dubbio, infatti, che
sia stato proprio questo film seminale a porre le basi per quella che poi sarà
la comicità alleniana: umorismo
satirico fondato sul nonsenso, sulle battute fulminanti e sulle nevrosi esistenziali,
a metà strada tra Charlot e Pierrot, con un surplus
di irresistibili psicosi. Tanti i momenti divertenti rimasti nell’immaginario
collettivo: dalla doppia rapina in banca alla saponetta a forma di pistola,
passando per i lavori forzati in carcere, con gli otto evasi in fuga legati insieme
alla stessa catena. L’idea dal falso documentario venne all’autore per attuare
una straniante distorsione parodistica tra il tono serioso tipico del genere e
l’insieme delle gag esilaranti
attraverso cui passa il maldestro protagonista. Inizialmente Allen si rivolse a
Jerry Lewis per curare la regia, mentre lui voleva occuparsi della scrittura
della sceneggiatura e dell’interpretazione del ruolo principale, ma, dopo il
rifiuto inappellabile del celebre comico, dovette optare per dirigere il film
lui stesso. Tra i primi lavori del regista è sicuramente uno dei più riusciti.
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