Negli anni
’20 il più celebre mago sulla scena europea è il cinese Wei Ling Soo, ma pochi
sanno che dietro la sua maschera si nasconde Stanley Crawford, un inglese
arrogante e presuntuoso con un’avversione naturale per tutti quelli che
sostengono di avere poteri paranormali, che lui reputa tutti imbroglioni e che si
diverte puntualmente a smascherare. Convinto dal suo vecchio amico Howard, il
nostro parte per la Costa Azzurra per occuparsi di un nuovo caso: una giovane
ragazza americana, Sophie Baker, ospite nella villa dei Catledge e di cui tutti
dicono meraviglie in merito ai suoi poteri di medium e di veggente. Stanley è
inizialmente convinto che la donna sia la solita ciarlatana e si relaziona con
lei con la consueta durezza che gli è congeniale, ma, ben presto, inizia a
ricredersi e finisce per innamorarsi di lei. Commedia lieve e garbata di amore
e magia, sullo sfondo luminoso della Costa Azzurra degli anni ’20, diretta da
Allen con tocco leggero e con il pilota automatico, forse a causa di un lavoro
di scrittura che non brilla per originalità ed ispirazione. Il risultato finale
è un’opera fresca e malinconica, che procede senza cadute nè colpi di genio
verso un finale in chiaro scuro, fedele al pessimismo disincantato dell’autore.
Il film ci parla di illusioni e illusionismo, di razionalità e istinto, di fede
e di ateismo, e il suo messaggio conclusivo (invero un po’ banale) sembra
essere che, alla fine, è l’amore il vero potere soprannaturale e che una dolce
menzogna potrebbe anche esser meglio di un’amara verità. La direzione degli
attori appare stavolta meno efficace del solito, in particolare la chimica tra
i due protagonisti, il monolitico Colin Firth e la sempre sorridente Emma Stone,
non sembra funzionare nel modo migliore. Trattasi, quindi, di un Woody Allen
“minore” che, forse, in questa sua boutade
francese ha mandato giù troppe bollicine di champagne.
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