Becky,
grande cantante spagnola che ha fatto fortuna in Messico, torna in Spagna dopo
15 anni per riallacciare i rapporti con sua figlia Rebecca, annunciatrice in un
telegiornale sposata con Manuel, il grande amore della vita di Becky, da lei
lasciato anni prima per dedicarsi alla carriera musicale. Quando Manuel rivede Becky
la vecchia passione ritorna prepotentemente e lui cerca di sedurla adducendo la
scusa che il suo matrimonio è ormai all’epilogo. Di lì a poco Manuel viene
trovato morto e Rebecca si accusa pubblicamente del delitto durante il
telegiornale. Ma il giudice Domínguez, che nasconde una doppia vita segreta,
non crede alla confessione della donna, verso cui sembra provare un’ambigua
attrazione. Eccentrico melodramma spudorato di Almodóvar, in bilico tra dramma,
commedia e giallo, capace di combinare abilmente il tocco ironico con la
gravità dei temi. I personaggi sono eccessivi e improbabili nel loro ardito mix di esuberanza e tenerezza, ma
l’erotismo strisciante che attraversa l’intero film sa regalare sinceri brividi
calienti. Quando l’autore riesce a
tenere a freno le sue esagerazioni kitsch,
è capace, di solito, di tirar fuori il meglio del suo palpitante estro
creativo. In questo caso il film viaggia a fasi alterne, tra momenti alti e
cadute di stile, finendo per aggrovigliarsi in una trama via via più complessa,
la cui risoluzione finale è un posticcio arzigogolo narrativo da far
impallidire i gialli italiani degli anni ’70. Numerose le citazioni colte
disseminate qua e là dal regista, da Lowell Rich a Sirk, passando anche per
Bergman. Bravi gli attori con Victoria Abril, Marisa Paredes e il trasformista Miguel
Bosé sugli scudi. Almeno due le sequenze degne di elogio: Bosè en travesti che canta e balla
ancheggiando imitando Mina e la confessione di Rebecca in diretta tv con tanto
di traduzione simultanea per sordomuti. Javier Bardem fa una piccola
apparizione come regista televisivo.
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