In
un imprecisato paese mediterraneo, dove vige una pseudo democrazia che in
realtà nasconde metodi dittatoriali, un deputato dell’opposizione di sinistra
viene assassinato in un finto incidente automobilistico. Il complotto è stato
organizzato a regola d’arte da esponenti della polizia che si sono serviti di
una organizzazione di estrema destra per commettere l’omicidio. Lo zelante
magistrato che si occupa delle indagini fiuta subito il marcio, si batte come
un leone contro i tentativi di insabbiamento che arrivano dall’alto e, con
l’aiuto di due testimoni, incrimina alti rappresentanti delle istituzioni
statali, sollevando un polverone che ricopre di scandalo persino il governo. Ma
riuscirà davvero a far prevalere la giustizia ? Dal romanzo del 1966 di Vassili
Vassilikos, Costa-Gavras ha tratto un oscuro apologo sui mali del potere,
appassionante e teso, girato abilmente “all’americana” con tensione martellante,
effetti spettacolari e stacchi di montaggio per favorire il ritmo dell’azione.
Nonostante questo i contenuti sono tutti assimilabili al cinema europeo, con
scandaglio psicologico, lettura critica della storia, perfida analisi sociale,
attenzione al dettaglio, interpretazioni introspettive. Fu un grande successo
di pubblico e critica, lodato e celebrato, e vinse molti premi importanti: due
Oscar (miglior film straniero e montaggio) e due premi al Festival di Cannes
(il Premio della giuria e quello alla miglior interpretazione maschile per Jean-Louis
Trintignant). Grande il cast con Yves Montand, Irene Papas, Jean-Louis
Trintignant, Jacques Perrin, Charles Denner ed il nostro Renato Salvatori.
Viene unanimemente considerato uno dei modelli più alti del cinema politico,
eppure c’è la chiara sensazione che qualcosa di artistico si perda
nell’efficace analisi “a tesi” portata avanti come un treno nella notte dal
regista, che si è chiaramente ispirato al golpe greco del 1967 ed alla
successiva repressione portata avanti dalla così detta “dittatura dei
colonnelli”. L’enfasi della denuncia è così evidente da superare, a volte, i
livelli di guardia. Probabilmente un approccio più surreale e visionario (alla
Petri, per intenderci) avrebbe giovato. Resta comunque un importante documento
storico e politico di indiscutibile forza e legittimità etica. Il titolo
originale (la lettera Z) vuol suggerire (in assonanza dal greco antico) la
frase “lui è vivo”, alludendo
all’omicidio del deputato, chiaramente ispirato alla figura di Gregoris
Lambrakis, politico di sinistra ucciso a Salonicco da militanti della destra
nel 1963.
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