Un
gruppo di persone trascorre dei giorni di inizio autunno in una villa del
Vermont. Lane, proprietaria della casa, ama lo scrittore Peter che però è
invaghito della sua amica Stephanie, a sua volta amata in silenzio dal maturo
Howard. La fine dell’estate esaspera gli animi, dando il via allo sfogo di
vecchi rancori e risentimenti mai del tutto sopiti, come quelli di Lane che
accusa apertamente la sua arrogante madre di essere stata la causa delle sue
nevrosi esistenziali. Prima della fine del soggiorno di due giorni parecchi
altarini saranno scoperti. Intenso dramma “da camera” di Woody Allen, intimista
e di finissima indagine psicologica, rigoroso nell’estetica, severo nei toni e
nei modi che, manco a dirlo, rimandano al suo mito europeo Ingmar Bergman. La
riflessione sul fuoco che cova sotto la cenere del conformismo nei rapporti
familiari e sentimentali è di raffinata introspezione figurativa e rende la
narrazione, apparentemente classica, ricca di sfumature e sottigliezze
psicologiche. Come tutti i film bergmaniani
di Allen non piacque al pubblico d’oltreoceano e lasciò interdetta la critica,
ma venne generalmente più apprezzato in Europa che in America. Inizialmente
doveva essere girato nella vera casa di campagna di Mia Farrow, ma poi il set
venne ricostruito in studio a New York per problemi legati al clima freddo.
Curiosa e travagliata la lavorazione della pellicola, con diversi cambi di
casting ed un risultato finale che lasciò del tutto insoddisfatto l’autore, che
decise così di rigirarla, riscrivendo molte scene e cambiando diversi attori (Christopher
Walken era uno degli interpreti presenti nella prima versione e poi rimpiazzato
dal regista). Il cast finale prevede Denholm Elliott, Mia Farrow, Elaine
Stritch, Jack Warden, Sam Waterston e Dianne Wiest. Solitamente bistrattato nel
giudizio è un’opera che ha diversi motivi di interesse e che merita una postuma
rivalutazione.
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