Ai
primi del ‘900 due coppie si riuniscono per trascorrere insieme un weekend estivo
nella residenza di campagna di uno stravagante inventore, Andrew, in crisi
coniugale con sua moglie Adrian. Fra i sei inizia un ammiccante gioco di
corteggiamenti, scambi di partner, incontri fugaci, occasioni mancate, equivoci
pepati e amori al chiaro di luna. Un gioco che, alla fine, culminerà nel
dramma. Commedia bucolica modulata sulle note di un erotismo pagano e di una
raffinata estetica pastorale che a volte vira nell’elegia onirica, come nel
finale straniante che mescola tragedia e fiaba. Il modello è, ovviamente,
William Shakespeare, ma anche Ingmar Bergman con il suo Sorrisi di una notte d’estate del 1955. L’autore mette la sordina
alle nevrosi compulsive tipiche dei suoi personaggi per abbracciare una
dimensione più ariosa, pacificata e giocosa. Il film viene solitamente relegato
tra le opere minori del regista e alla sua uscita non fu particolarmente
apprezzato, cadendo presto nell’oblio. Indubbiamente è una pellicola irrisolta
ma ha il suo fascino, qualche tocco magico e i suoi momenti folgoranti, tra le
pieghe di un gaio romanticismo pastorale. Di buon livello il cast con Woody
Allen, Mia Farrow (alla sua prima collaborazione con il regista), José Ferrer,
Julie Hagerty, Tony Roberts e Mary Steenburgen. Bella la fotografia di Gordon
Willis che alterna i toni caldi delle sequenze diurne all’aperto a quelli
argentei delle ammalianti sequenze “lunari”. Per amanti di un Woody Allen “diverso”.
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