Nel
luglio del 1914 il piroscafo “Gloria N.” salpa dal porto di Napoli con a bordo
le ceneri di una celebre cantante lirica, Edmea Tetua detta la “divina”. Lo
scopo del viaggio è assecondare le ultime volontà del grande soprano, ovvero
che i suoi resti mortali vengano dispersi nelle acque del Mar Egeo, nei pressi
dell’isola di Erimo. I passeggeri sono nobili decaduti, celebrità di ogni tipo,
amici e parenti di Edmea, un rinoceronte che sembra ammalato di malinconia e un
giornalista, Orlando, che descrive gli eventi del viaggio e il singolare
campionario di umanità a bordo con un’ironia impietosa. Durante la navigazione la Storia irrompe feroce nel
mondo ovattato dei nobili passeggeri: scoppia la Prima Guerra
mondiale, la nave deve inizialmente soccorrere dei naufraghi serbi, ma verrà
poi affondata da una corazzata austriaca. Però qualcuno sopravvive alla
tragedia. Affascinante e originale viaggio felliniano in un etereo mondo di
fantasmi, figure patetiche e decadenti di un’età ormai in disfacimento alle soglie
di un cambiamento epocale. Un mondo dove tutto è dichiaratamente falso (come al
solito l’autore ha ricostruito tutto in studio, dal mare alla nave), ma dove,
pur nell’evidente finzione, c’è tanto di vero, a cominciare dal sottile
umorismo malinconico che, accompagnando dolcemente i personaggi verso il loro
inevitabile destino, suggella il tramonto di un’epoca. Viene generalmente
ritenuta una delle opere più atipiche e sconcertanti del regista riminese, una
bizzarra incursione in un’epoca storica precisa da lui mai visitata
precedentemente: quella immediatamente antecedente alla prima guerra mondiale.
E’ evidente che questa collocazione temporale ha collegamenti metaforici con la
situazione storica dell’Europa degli anni ‘80, vista sull’orlo di un baratro
bellico e della fine di un’epoca. Tuttavia il significato politico del film,
che non è l’interesse primario di Fellini, viene disperso tra manierismi
d’autore, simbologie fumose, atmosfere funeree, stravaganze surreali e gusto
della deformazione satirica. L’ardito melange
di elementi suggestivi ed eterogenei destò nella critica più perplessità che
entusiasmo, eppure il film è un piccolo capolavoro di rara bellezza ipnotica,
visivamente sontuoso, con immagini di potente fascino evocativo e inserti
visionari di puro genio poetico. Fellini non ha perso il suo tocco magico e lo
dimostra a profusione in quest’opera magica, onirica e simbolica, densa di
sequenze memorabili che hanno segnato l’immaginario cinematografico, come
quella, straniante e possente, del rinoceronte sulla scialuppa. E’ una
pellicola che andrebbe assolutamente riscoperta, rivalutata e addirittura
studiata per capire appieno le evoluzioni della tecnica cinematografica del
tempo. A questo film è stato ispirato il monumento scultoreo di Arnaldo
Pomodoro (intitolato “Le vele”), posto sulla tomba del cimitero di Rimini in
cui riposano Federico Fellini, Giulietta Masina e il loro unico figlio,
Federichino, morto prematuramente.
Voto:
Nessun commento:
Posta un commento