Il
ginecologo David Erneman, dopo aver troncato la sua infelice relazione con
l’amante Susanne, cerca di riavvicinarsi a sua moglie Marianne, che però ha una
storia con lo scultore alcolizzato Carl-Adam, ex miglior amico di David. La
loro figlia adolescente, Nix, vive con patema la crisi coniugale dei genitori,
soprattutto nell’ottica di una giovane donna che tenta i primi approcci con
l’amore. Dalla situazione saprà trarre un’amara lezione di vita: egoismo e
conformismo sono ben più resistenti della passione e della ribellione. Deliziosa
e brillante commedia coniugale di Bergman, che riprende i personaggi
dell’episodio finale di Donne in attesa (Kvinnors vantan, 1952), esaminando con
sorridente cinismo e disinibita leggerezza le dinamiche sentimentali di una
coppia di mezza età, incerta tra la stanchezza di un rapporto ormai
abitudinario, le tentazioni di una nuova libertà e l’incapacità di una vera
emancipazione. Nonostante l’esibita e compiaciuta lievezza del tocco, l’opera
si distingue anche per la raffinatezza formale, per i dialoghi brillanti, per i
graffi caustici, per l’armoniosa compostezza, per i grandi dilemmi esistenziali
posti nel sottotesto, per lo scandaglio psicologico dei personaggi che fa
presagire inquietanti scenari sulle dinamiche umane, pur in un’atmosfera
generale di briosa frivolezza. Bergman rivisita il vaudeville francese filtrandolo attraverso la lente della sua
austerità nordica, dando vita ad un capriccioso rondò di sentimenti che intende declinare, in una nuova forma, la
sua naturale sfiducia nei confronti dei rapporti di coppia. Ottimo il cast con Eva
Dahlbeck, Gunnar Björnstrand e la “musa” Harriet Andersson, alla sua terza
collaborazione con il regista. Il film uscì in Italia in colpevole ritardo di
sette anni, dove passò presto in un inopinato oblio, come quasi tutte le opere
meno famose del grande autore di Uppsala.
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