Alice
è una quarantenne affascinante, benestante, sposata con un marito gentile,
madre di due splendidi figli e con una bella casa a New York. In teoria ha
tutto quello che le servirebbe per essere felice, eppure nella sua vita
qualcosa non va e spesso affiorano turbamenti e frustrazioni che la spingono
tra le braccia del sassofonista Joe, con cui vive una relazione clandestina. L’incontro
con un saggio santone e agopuntore cinese cambierà la sua vita per sempre,
facendole rimettere in discussione temi e priorità. Dopo avere scoperto diverse
amare verità sulle persone che le stanno intorno, Alice partirà per un viaggio
spirituale in India e, al suo ritorno in America, opterà per una vita radicalmente
diversa e più consona alla sua personalità. Spiazzante commedia esistenziale di
Woody Allen, che alterna una certa gravosità tematica a momenti di perfida
ironia sull’istituzione familiare, con incursioni (non sempre riuscite) nel
magico o nel fantastico ed una buffa vena di spiritualità mistica che poi si
risolve in un finale decisamente troppo moralistico per essere preso sul serio.
Il racconto etico sulla falsa riga del felliniano Giulietta degli Spiriti non sembra essere esattamente nelle corde
del regista newyorkese. Tra poche luci e molte ombre sono da apprezzare la
bella fotografia calda del nostro Carlo Di Palma e la notevole interpretazione
della protagonista Mia Farrow (all’epoca compagna del regista), alla sua
undicesima collaborazione con Allen in quella che è, probabilmente, la sua
performance meglio riuscita. Gli altri personaggi appaiono sbiaditi e poco
incisivi, con un evidente sbilanciamento a perdere rispetto a quello di Alice.
Completano il cast Alec Baldwin, William Hurt, Joe Mantegna, Judy Davis, Keye
Luke e Cybill Shepherd. La crisi esistenziale della borghesia americana
continua ad essere fonte inesauribile di ispirazione per le opere del regista,
che però stavolta indulge più del dovuto nel surreale e nel predicozzo bigotto per
riuscire a centrare realmente l’obiettivo.
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