lunedì 29 maggio 2017

L'enigma di Kaspar Hauser (Jeder für sich und Gott gegen alle, 1974) di Werner Herzog

Il 26 maggio 1828 a Norimberga viene ritrovato un giovane lacero, tonto, abbandonato, inebetito, incapace di parlare a parte un’unica frase che ripete ossessivamente e abile a scrivere solo il suo nome: Kaspar Hauser. Egli ha in mano una lettera anonima dove è scritto che è stato abbandonato dalla madre e allevato da un contadino. In breve si accende la curiosità intorno al ragazzo selvaggio, che diventa oggetto di studi: per alcuni è un fenomeno da baraccone, per altri è figlio illegittimo di qualche nobile famoso, per altri ancora è un poveraccio da ospitare nel tentativo di educarlo e di fargli conoscere il mondo. La personalità di Kaspar è misteriosa, ribelle, reticente ma anche affascinante: a parte gli enigmi sulla sua identità egli dimostra di possedere doti artistiche in balia di un puro istinto, senza alcuna capacità di controllo razionale. Passando attraverso mille peripezie e umiliazioni, il nostro finirà ucciso da un vagabondo e gli studi continueranno anche sul suo cadavere, nel morboso tentativo di fare finalmente luce sull’enigma. Ma chi era veramente Kaspar Hauser ? Ispirandosi ad un fatto storico realmente accaduto ed al relativo caso che, nel corso dei secoli, ha interessato diverse personalità della scienza e della cultura, Herzog ha tratto un formidabile apologo ermetico e visionario sul tema dell’identità, sulla paura del diverso, sul confine sottile tra morbosità e compassione e sul relativismo del giudizio scientifico, morale e ideologico e da come questo dipenda fortemente dalle norme sociali, religiose e giuridiche del tempo e del luogo. Ambiguo e spiazzante, provocatorio e sfuggente, il Kaspar Hauser di Herzog è un diabolico sermone sull’inganno e sull’indeterminazione, ma anche un sottile atto di accusa verso l’uomo e i suoi dogmi, i suoi schematismi che spesso agiscono a danno del prossimo in nome della ricerca della verità. Tra suggestioni cristologiche e naturalismo onirico, l’autore traccia un’oscura parabola di angoscia e di morte, che fissa lo sguardo su un’anomalia per raffigurare l’imprevisto e l’inadeguatezza del metodo positivistico rispetto al mistero ineffabile della natura umana. Straordinaria interpretazione del tedesco Bruno Schleinstein, realmente cresciuto orfano tra riformatori e carceri, nel ruolo di Kaspar e memorabile la sequenza del confronto tra i due pastori luterani e il professore di matematica. E’ un film magistrale e di sottile profondità psicologica, vincitore di tre premi al Festival di Cannes del 1975, ma che potrebbe sicuramente apparire ostico al pubblico mainstream poco avvezzo ai tempi e ai modi del cinema d’autore. La vicenda di Kaspar Hauser è stata oggetto di diverse rappresentazioni artistiche e letterarie, non ultima una stravagante pellicola italiana di Davide Manuli, La leggenda di Kaspar Hauser (2012), con Vincent Gallo, Claudia Gerini, Silvia Calderoni, Elisa Sednaoui e Fabrizio Gifuni.

Voto:
voto: 4,5/5

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