La
psichiatra Jenny Isaksson, rimasta momentaneamente sola (il marito è in viaggio
per lavoro e la figlia in campeggio) e priva di dimora (la sua nuova abitazione
è in costruzione ma non ancora pronta), ritorna nella vecchia casa dei nonni,
alloggiando nella stanza che fu sua da bambina. In breve riemergono vecchi
ricordi, antichi dolori, fantasmi del passato e la nostra cade in uno stato di
profonda depressione in cui incubi e realtà sembrano mescolarsi. Una serie di
orribili sogni peggiorano il suo stato emotivo e Jenny capisce di essere una
donna interiormente spezzata, che finge di vivere in uno stato di apparente
felicità esteriore. Dopo un tentativo di suicidio fallito la donna cerca di
tornare alla sua vita normale, ma sarà davvero possibile ? Angosciante dramma
psicoanalitico di Bergman, con suggestioni da thriller psicologico per le
atmosfere malsane e per la malia oscura di certe immagini da puro incubo
allucinato. L’autore ritorna ad esplorare, con lucido rigore e implacabile
forza evocatica, i recessi oscuri della psiche femminile, dando vita ad un
ritratto feroce, straziante e stupefacente di donna incapace di amare perché non
si è mai sentita realmente amata. E’ un film profondamente onirico, di
magistrale fulgore visivo, grondante di dolore e di tenerezza, assolutamente
perfetto nella prima parte ma un po’ sfilacciato e accademico nel segmento
conclusivo. Inizialmente concepito come prodotto televisivo a puntate, della
durata complessiva di 200 minuti, fu adattato per il cinema, con la durata
ridotta a 135 minuti, ed ottenne unanimi consensi ed apprezzamenti, tra cui due
candidature agli Oscar 1977: Bergman miglior regista e la splendida Liv Ullmann
miglior attrice protagonista. L’interpretazione della Ullmann, che con
ammirevole dedizione si concede totalmente alla macchina da presa lasciandosi
scrutare, attraverso un uso espressionistico dei primi piani, fin nell’interno,
è di quelle che restano scolpite nella lunga antologia della “settima arte”. I
suoi soliloqui, i suoi sguardi persi, l’esternazione emotiva dei traumi
infantili o dei tabù repressi, si condensano in una gamma di espressioni che
denotano un enorme lavoro di preparazione psicologica al ruolo, oltre che
l’incredibile talento del regista nella direzione dei suoi attori (e, in
particolare, delle sue attrici). Completano il cast Erland Josephson, Gunnar
Björnstrand e l’esordiente Lena Olin in una piccola comparsa.
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