Ellen
Berent, giovane e bella ereditiera, si invaghisce dello scrittore Richard
Hartland e, in breve tempo, lo seduce e lo sposa. Dopo i primi tempi sereni e
felici, la donna inizia a rivelare un carattere nevrotico e possessivo,
attraverso un insano sentimento di gelosia morbosa sempre crescente che la spinge
ad eliminare tutti quelli che la sua mente disturbata individua come possibili
“rivali” nel rapporto con il marito. Giunta all’apice della sua follia
distruttiva, Ellen concepisce un diabolico piano per darsi la morte ma far
ricadere la colpa su un’altra donna, che lei vede come vittima da colpire nel
suo delirio. Celebre melodramma psicologico degli anni ’40, carico di malia
oscura, fascino perverso, atmosfere torbide, un modello di cinema dei cattivi
segmenti che spesso sconfina nel thriller.
Il suo impatto selvaggio e la sua estetica delirante (riassunta nella
fotografia “distorta” di Leon Shamroy, premiata con l’Oscar) ne decretarono il
successo di pubblico, ma il vero punto di forza è la straordinaria
interpretazione di Gene Tierney, bella da fare male e spaventosamente credibile
nel suo ruolo eccessivo. Leggenda vuole che la Tierney avesse realmente avuto, nella sua vita,
problemi di salute mentale, al punto da doversi addirittura ricoverare per un
certo periodo. Da questa drammatica esperienza personale l’attrice ha
sicuramente tratto molti elementi da utilizzare nella sua scioccante
interpretazione in Femmina folle.
Completano il cast Cornel Wilde, Jeanne Crain e Vincent Price. Due i punti
deboli più evidenti dell’opera: l’inviluppo della trama finisce per
aggrovigliarsi in eccessi poco credibili e la fragile presenza scenica del
partner maschile Cornel Wilde che non riesce a giustificare in alcun modo la
sconsiderata attrazione della donna nei suoi confronti. Si sa che l’amore è
cieco ma a tutto c’è un limite. Va poi steso un velo pietoso sul banalissimo
titolo italiano che disperde totalmente la tragica bellezza dell’originale.
Voto:
Nessun commento:
Posta un commento