Berlino,
1923: Abel Rosenberg, ebreo americano che fa il trapezista in un circo, è
sospettato di aver ucciso il fratello Max e altre persone trovate morte nella
zona. La moglie del fratello morto lo introduce in una serie di oscure trame
segrete che fanno capo al fantomatico Vergérus, amante della donna. Tra
complotti e omicidi Abel scoprirà una sequela di orribili verità su Vergérus e
su abominevoli esperimenti compiuti ai danni di persone innocenti da uno staff
di medici perversi al soldo dei nazisti. Cupo thriller drammatico di Bergman, l’unico ambientato in contesto
storico-politico preciso (la Germania prenazista) e realizzato in Baviera (dove
il regista si era trasferito per problemi con il fisco svedese) con capitali
americani. E’ una delle opere più atipiche e spiazzanti della filmografia di Bergman,
pesantemente influenzata dal cinema espressionistico tedesco e con un taglio sospeso
tra il torbido e l’onirico. Nel suo livello più evidente è una sordida storia di
scienziati folli, in stile Caligari, dalle cupe atmosfere kafkiane, palesemente
influenzato anche dal Cabaret di Bob
Fosse che aveva riscosso un enorme successo di pubblico e critica. Per quanto
il film non sia privo di ambigue suggestioni e di fascino oscuro, l’autore
appare palesemente a disagio in questa produzione internazionale e con una
vicenda storica sovraccarica di contenuti forti, di violenza psicologica e di
fosca ambiguità. Bergman si prende una momentanea “vacanza” dai suoi temi
prediletti e dal suo cinema privatamente introspettivo, per girare questa
pellicola dai toni horror che rimanda
ad una immane tragedia collettiva e che esula dal suo tipico background artistico. Digressione
tematica ? Catarsi psicologica ? Deroga polemica ? Forse tutte e tre le cose
insieme. Ma il risultato è un film affascinante ma irrisolto, di sicuro un
esperimento a sé stante nella lunga carriera del regista. Nel cast internazionale
l’americano David Carradine affianca la “musa” bergmaniana Liv Ullmann.
Voto:
Nessun commento:
Posta un commento