martedì 23 maggio 2017

L'uovo del serpente (Das Schlangenei, 1977) di Ingmar Bergman

Berlino, 1923: Abel Rosenberg, ebreo americano che fa il trapezista in un circo, è sospettato di aver ucciso il fratello Max e altre persone trovate morte nella zona. La moglie del fratello morto lo introduce in una serie di oscure trame segrete che fanno capo al fantomatico Vergérus, amante della donna. Tra complotti e omicidi Abel scoprirà una sequela di orribili verità su Vergérus e su abominevoli esperimenti compiuti ai danni di persone innocenti da uno staff di medici perversi al soldo dei nazisti. Cupo thriller drammatico di Bergman, l’unico ambientato in contesto storico-politico preciso (la Germania prenazista) e realizzato in Baviera (dove il regista si era trasferito per problemi con il fisco svedese) con capitali americani. E’ una delle opere più atipiche e spiazzanti della filmografia di Bergman, pesantemente influenzata dal cinema espressionistico tedesco e con un taglio sospeso tra il torbido e l’onirico. Nel suo livello più evidente è una sordida storia di scienziati folli, in stile Caligari, dalle cupe atmosfere kafkiane, palesemente influenzato anche dal Cabaret di Bob Fosse che aveva riscosso un enorme successo di pubblico e critica. Per quanto il film non sia privo di ambigue suggestioni e di fascino oscuro, l’autore appare palesemente a disagio in questa produzione internazionale e con una vicenda storica sovraccarica di contenuti forti, di violenza psicologica e di fosca ambiguità. Bergman si prende una momentanea “vacanza” dai suoi temi prediletti e dal suo cinema privatamente introspettivo, per girare questa pellicola dai toni horror che rimanda ad una immane tragedia collettiva e che esula dal suo tipico background artistico. Digressione tematica ? Catarsi psicologica ? Deroga polemica ? Forse tutte e tre le cose insieme. Ma il risultato è un film affascinante ma irrisolto, di sicuro un esperimento a sé stante nella lunga carriera del regista. Nel cast internazionale l’americano David Carradine affianca la “musa” bergmaniana Liv Ullmann.

Voto:
voto: 3/5

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