Montana,
1870: un potente allevatore ingaggia un cinico sicario cacciatore di taglie, Lee
Clayton, per sgominare una banda di ladri di cavalli comandata dallo scaltro Tom
Logan. Quello che il proprietario terriero non sa è che sua figlia Jane ha una
relazione con il suo nemico Logan. Clayton uccide tutti i membri della banda ma
troverà in Logan un osso davvero duro. Finale tragico. Cupo western nero di
Arthur Penn (il terzo della sua carriera), ferocemente disilluso, crepuscolare
fino al midollo e totalmente asservito ai due divi protagonisti (Marlon Brando
e Jack Nicholson) che lo cannibalizzano dall’interno, facendo a gara a chi è
più bravo con interpretazioni modellate sul filo costante dell’eccesso. Fu un
flop assoluto negli Stati Uniti, a causa della sua cattiveria sgradevole e
programmatica che distrugge il mito della vecchia frontiera e parteggia
dichiaratamente per i ribelli, mostrando anche un’evidente insofferenza verso
le regole istituzionali. Fu invece molto apprezzato dai critici della vecchia
Europa (ormai da tempo “sverginata” dal bieco cinismo degli spaghetti western di Leone), che ne lodarono
l’aspro disincanto e la celebrazione malinconica della fine di un’epoca. Al di
là dei gusti e delle opinioni personali, è innegabile la geniale lucidità
funerea con cui il regista descrive un mondo amorale e senza regole, all’insegna
di un audace sadismo ideologico. Il confronto recitativo tra i due mostri
sacri, Brando- Nicholson, finisce in pareggio, con il primo bizzoso trasformista
e il secondo istrione spudorato. Gli alti costi produttivi (dovuti principalmente
ai lauti compensi dei due attori protagonisti) e lo scarso successo ottenuto in
patria, fecero segnare il totale fallimento della pellicola che non riuscì
nemmeno a recuperare il budget speso
in produzione. Il film generò anche diverse polemiche alla sua uscita e fu
inserito nella “lista nera” da diverse associazioni per le scene di violenza e
crudeltà a danno di animali. A proposito del tornare a lavorare nuovamente con
Brando, le cui bizzarrie erano ben note a tutti i registi, Penn dichiarò, in
un’intervista pubblica, di aver assecondato totalmente il suo genio creativo,
anche per non urtarne l’arcinota suscettibilità, e che il grande attore aveva
modificato totalmente il suo personaggio (Lee Clayton), reinventandone
parecchie sfumature.
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