giovedì 25 maggio 2017

Missouri (The Missouri Breaks, 1976) di Arthur Penn

Montana, 1870: un potente allevatore ingaggia un cinico sicario cacciatore di taglie, Lee Clayton, per sgominare una banda di ladri di cavalli comandata dallo scaltro Tom Logan. Quello che il proprietario terriero non sa è che sua figlia Jane ha una relazione con il suo nemico Logan. Clayton uccide tutti i membri della banda ma troverà in Logan un osso davvero duro. Finale tragico. Cupo western nero di Arthur Penn (il terzo della sua carriera), ferocemente disilluso, crepuscolare fino al midollo e totalmente asservito ai due divi protagonisti (Marlon Brando e Jack Nicholson) che lo cannibalizzano dall’interno, facendo a gara a chi è più bravo con interpretazioni modellate sul filo costante dell’eccesso. Fu un flop assoluto negli Stati Uniti, a causa della sua cattiveria sgradevole e programmatica che distrugge il mito della vecchia frontiera e parteggia dichiaratamente per i ribelli, mostrando anche un’evidente insofferenza verso le regole istituzionali. Fu invece molto apprezzato dai critici della vecchia Europa (ormai da tempo “sverginata” dal bieco cinismo degli spaghetti western di Leone), che ne lodarono l’aspro disincanto e la celebrazione malinconica della fine di un’epoca. Al di là dei gusti e delle opinioni personali, è innegabile la geniale lucidità funerea con cui il regista descrive un mondo amorale e senza regole, all’insegna di un audace sadismo ideologico. Il confronto recitativo tra i due mostri sacri, Brando- Nicholson, finisce in pareggio, con il primo bizzoso trasformista e il secondo istrione spudorato. Gli alti costi produttivi (dovuti principalmente ai lauti compensi dei due attori protagonisti) e lo scarso successo ottenuto in patria, fecero segnare il totale fallimento della pellicola che non riuscì nemmeno a recuperare il budget speso in produzione. Il film generò anche diverse polemiche alla sua uscita e fu inserito nella “lista nera” da diverse associazioni per le scene di violenza e crudeltà a danno di animali. A proposito del tornare a lavorare nuovamente con Brando, le cui bizzarrie erano ben note a tutti i registi, Penn dichiarò, in un’intervista pubblica, di aver assecondato totalmente il suo genio creativo, anche per non urtarne l’arcinota suscettibilità, e che il grande attore aveva modificato totalmente il suo personaggio (Lee Clayton), reinventandone parecchie sfumature.

Voto:
voto: 3,5/5

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