Dal romanzo omonimo di Paolo Maurensig. Praga, 1968. La giovane Costanza viene attratta dal suono di un violino che, misteriosamente, le ricorda la sua infanzia. Visibilmente emozionata segue l'uomo che sta suonando e lo avvicina, lui dice di chiamarsi Jeno Varga, nota "qualcosa" negli occhi di lei e le racconta la sua storia. Quando da piccolo imparò a suonare il violino "a orecchio" per consolare l'amata madre in pena per il suo amato (padre di Jeno) andato via. E poi gli anni del conservatorio, la grande amicizia con il nobile David Blau, violinista sopraffino, e l'amore con la pianista ebrea Sophie, che verrà deportata in un campo di concentramento nazista durante la guerra. Costanza è ammaliata dai racconti di Jeno ma vorrebbe sapere di più di quella melodia da lui suonata e capire perchè le evoca frammenti di un passato che non riesce a mettere a fuoco. Quella musica è un "canone inverso" ovvero una composizione per due violini, in cui il primo la esegue in modo classico e l'altro al contrario, simultaneamente. Questo suggestivo meccanismo armonico può anche essere letto, a livello simbolico, come un racconto a due livelli, uno che procede in maniera lineare e l'altro che riavvolge il tempo, per investigare il passato. Ambizioso melodramma storico di Ricky Tognazzi, da lui anche sceneggiato insieme alla moglie Simona Izzo e a Graziano Diana. Doveva essere, nelle intenzioni entusiastiche dell'autore, il film della sua vita e questo è evidente dalla passione che traspare in molte sequenze, dall'ambientazione mitteleuropea, dal cast internazionale (Hans Matheson, Mélanie Thierry, Gabriel Byrne, Lee Williams, Nia Roberts, Rachel Shelley e lo stesso Tognazzi), dalla ricercatezza degli ambienti e dei costumi e dal reparto tecnico. In particolare la bella colonna sonora di Ennio Morricone, autore del "canone inverso" per due violini che dà titolo all'opera, è l'aspetto più pregevole dell'opera. Peccato però che tutto il resto non sia all'altezza delle attese, perchè il regista tende a strafare, eccede in scivoloni melensi o in momenti patetici e non riesce a dare unità, stile e coerenza ad un materiale troppo vasto (la storia d'amore, i drammi familiari, il rapporto con David, il nazismo, l'olocausto, la "primavera di Praga") e, probabilmente, non nelle sue corde. Alla sua uscita il film fu stroncato ferocemente dalla critica italiana, mandando l'autore su tutte le furie; egli parlò apertamente di pregiudizio snobistico nei suoi confronti (probabilmente alludendo anche al suo pesantissimo cognome). Tognazzi, che non è affatto il regista "pedestre" che alcuni critici lasciarono intendere, è semplicemente più adatto ad un altro tipo di storie e si è cimentato in un'impresa troppo ambiziosa. Ma, al netto di passaggi frettolosi e di parecchie superficialità, la pellicola possiede anche qualche buon momento da salvare, soprattutto grazie al "tappeto" musicale emotivo garantito da Morricone. Mezza stellina in più per l'impegno profuso dal regista (che è evidente) e per il tocco magico del leggendario Maestro.
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