Johnny Marco è una star del cinema americano che vive una vita all'insegna del lusso e dei divertimenti sregolati tra la suite del prestigioso hotel Chateau Marmont di Hollywood, dove abita, automobili potenti, un via vai di ragazze disponibili, festini con alcool e droghe e fans adoranti. Il suo dorato torpore viene scosso dall'arrivo di Cleo, la figlia undicenne frutto di un matrimonio fallito, con la quale il nostro non ha mai avuto un vero rapporto. Il tempo trascorso insieme alla ragazzina provoca uno scossone emotivo nell'uomo, che inizia a interrogarsi su sè stesso, sulla sua vita e sul suo ruolo nel mondo. E anche per il viziato e privilegiato attore arriva il momento di porsi la domanda fatidica: cosa farò da grande ? Il quarto lungometraggio di Sofia Coppola (che lo ha scritto, prodotto e diretto) è un sottile dramma psicologico che ci parla di vuoto interiore, di alienazione esistenziale, di adolescenza ritardata fino all'inverosimile per una condizione di invidiabile benessere economico che consente di evitare lo scontro con la vita vera, smarrendosi tra agi, vizi e piaceri materiali. Il mondo descritto della regista è un non luogo, un limbo surreale, un labirinto di solitudini solo apparentemente scintillante, ma che nasconde profondi disagi e amarezze inconfessabili. Questo non luogo, in cui i protagonisti si muovono sospesi come pesci in un acquario, è in bilico tra il ritratto sarcastico di un ambiente (Hollywood) e l'analisi di un personaggio simbolico che rappresenta il prototipo di uomo occidentale benestante e superficiale. Il non luogo, efficacemente tratteggiato dall'autrice con un'estetica a metà tra il soffuso e il patinato, si trova inevitabilmente "somewhere", da qualche parte, ma altrove rispetto al sentire comune. Affascinante, malinconico, ipnotico, minimale, è un film di suggestioni e di sguardi, di fragilità e di incertezze, ellittico nella sua ambiguità narrativa, impervio nella raffigurazione della noia, tenero nell'evoluzione del rapporto umano tra Johnny e Cleo, con un padre inadeguato ma anche imbarazzato di fronte alla figlia, a cui si approccia con la dolcezza antica di un innamorato. Il finale aperto, che si ricollega idealmente all'inizio ma in modo nettamente diverso (il girotondo senza senso diventa un percorso rettilineo), intende suggerire che, in fondo, l'importante è il viaggio e non la meta, perchè nella vita tutti dobbiamo andare da qualche parte, anche se non sappiamo esattamente dove. Carico di elementi autobiografici, di una scarna essenzialità e di uno stile basato sulla ripetizione insistita, è il film più importante e riuscito della Coppola che non si è mai dimostrata finora così libera e audace nella sua visione. Nel cast citiamo Stephen Dorff, Elle Fanning, Michelle Monaghan e uno stuolo di brevi cameo di attori (di cui parecchi italiani) come Laura Chiatti, Benicio del Toro, Jo Champa, Nino Frassica, Maurizio Nichetti e Valeria Marini. Presentato in concorso alla 67° Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia, l'opera fu premiata con il prestigioso Leone d'oro al miglior film (non senza contestazioni) dalla giuria presieduta da Quentin Tarantino.
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