martedì 29 agosto 2017

Il cammino della speranza (Il cammino della speranza, 1950) di Pietro Germi

In un piccolo paese siciliano la chiusura di una solfatara fa perdere il lavoro a tante persone, mandando le relative famiglie in mezzo alla strada. Il losco faccendiere locale Ciccio si offre di aiutarli, promettendo l'espatrio clandestino in Francia dietro il compenso di ventimila lire ciascuno. Durante il lungo viaggio della speranza il truffatore si dilegua a Roma, dopo un litigio con l'animoso Vanni che provoca l'intervento della polizia. I poveri emigranti ricevono il foglio di via e l'ordine di tornare al loro paese, ma molti di loro decidono di rischiare, continuando il viaggio piuttosto che ripiombare nella miseria più nera da cui sono fuggiti. Tra stenti, tensioni interne al gruppo e storie d'amore che nascono, i disperati arrivano al confine con la Francia dove vengono bloccati dai finanziari, in attesa di prendere una decisione sul loro destino. Epopea degli umili di Germi sotto forma di melodramma neorealista dai toni epici, tratto dal romanzo "Cuore negli abissi" di Nino Di Maria. Per quanto non sempre equilibrato e talvolta eccessivo nelle sue ridondanze folcloristiche, è una veemente e appassionata denuncia del problema della disoccupazione postbellica e della difficile condizione sociale del meridione d'Italia, tenuto regolarmente al di fuori dai progressi economici del resto del paese. Lucido nella messa in scena di una miseria rabbiosa, qua e là retorico nelle sue indulgenze sentimentali, vale soprattutto come dolente documento d'epoca e come nobile testimonianza storica di un'Italia meschina, affamata, vilipesa e calpestata. Questi fatti tragici accadevano appena 70 anni fa e dovrebbero far riflettere tutti coloro che li hanno dimenticati troppo in fretta e adesso sbandierano intransigente ostilità rispetto al complesso fenomeno dell'immigrazione dal così detto "terzo mondo". Premiato con l'Orso d'argento al Festival di Berlino e osteggiato dalle istituzioni che lo ritenevano latore di un'immagine eccessivamente degradante per il "belpaese", non è collocabile tra i capolavori del regista ma merita assolutamente la visione per i tanti momenti di grande cinema e le numerose sequenze memorabili (specialmente nella prima parte siciliana che è di un realismo crudo e scioccante). Tra i membri di spicco del cast ricordiamo Raf Vallone, Elena Varzi, Saro Urzì e Franco Navarra. Splendide le musiche di Carlo Rustichelli e Franco Li Causi, con menzione speciale al celeberrimo inno popolare siciliano "Vitti 'na crozza", composto da Li Causi, che divenne famoso a livello nazionale grazie a questo film.

Voto:
voto: 3,5/5

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