martedì 15 agosto 2017

La strada verso casa (Wo de fu qin mu qin, 1999) di Zhang Yìmóu

Luo Yusheng, uomo d'affari cinese, ritorna dopo molti anni al suo piccolo villaggio natale per i funerali del padre, stimato maestro del paese. Sua madre insiste affinché il rito funebre sia celebrato secondo le antiche usanze, con la bara portata a spalle fino al cimitero anche se nel remoto borgo non sembra affatto facile trovare gli uomini necessari. Intanto Yusheng ripensa ai racconti del padre sul suo fidanzamento con la madre Zhao Di, la più bella del paese, al loro amore improvvisamente scoppiato dopo l'arrivo nel villaggio del giovane insegnante e alle numerose difficoltà affrontate dai due innamorati durante gli anni di reclusione di lui per le sue idee politiche non gradite al regime maoista. Intenso melodramma di Zhang Yìmóu sotto forma di elegia nostalgica sull'Amore, che guarda al passato inseguendo un poeticismo epico e languido, retorico ma visivamente potente per l'indubbio talento registico dell'autore, che qui però eccede nella ricerca costante del virtuosismo manieristico ad un passo dell'artificio accademico. La celebrazione romantica dei vecchi tempi andati e la contrapposizione tra tradizione e innovazione costituiscono la spina dorsale e la cifra stilistica di un film emotivamente molto vicino al precedente Non uno di meno (一个都不能少, yí ge dōu bù néng shǎo, 1999) che fu premiato con il Leone d'Oro alla 56° Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia. Privilegiando oltre misura la componente sentimentale, in bilico tra momenti di puro incanto magico e scivoloni di sdolcinato effettismo, l'autore rivendica la fiera sobrietà delle consuetudini di una volta e la loro genuina semplicità rispetto al disordine frettoloso dell'età moderna, obnubilata dall'ansia del benessere materiale e del profitto economico. Ma il punto più debole di una pellicola comunque non priva di motivi d'interesse, è la sua pavida reticenza sul versante della critica politica, una sorta di sordina autocensoria che non si addice ad un regista della caratura di Yìmóu (basti solo citare la sbrigativa sequenza dell'arresto di Luo Changyu in cui la totale assenza di graffi caustici verso la dittatura di Mao Zedong è difficilmente giustificabile). Il dubbio nasce spontaneo: Zhang Yìmóu si è "americanizzato" o ha perso mordente per continuare a lavorare nel suo paese senza farsi troppi nemici ? Ciò su cui invece sono tutti d'accordo è lo sfavillante esordio dell'attrice protagonista Zhang Ziyi, che è uno spettacolo di grazia, sensibilità e commovente tenerezza.

Voto:
voto: 3/5

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