venerdì 18 agosto 2017

Ho camminato con uno zombi (I Walked with a Zombie, 1943) di Jacques Tourneur

Betsy, infermiera canadese, accetta un singolare incarico che la conduce sull'isola di Haiti nei Caraibi, dove deve prendersi cura di Jessica Holland, moglie di un ricco latifondista, affetta da un misterioso male che l'ha resa catatonica. Secondo le dicerie locali la donna è vittima di un maleficio vudù, provocato da uno stregone che intende rubarle l'anima trasformandola in uno zombi. Il cognato di  Jessica, innamorato di lei, si decide ad usare mezzi estremi per cercare di aiutarla, sfidando le soluzioni razionali della scienza. Secondo horror consecutivo di Jacques Tourneur, sempre prodotto da Val Lewton della RKO, dopo il capolavoro Il bacio della pantera. Sebbene questo film non valga quanto il precedente, siamo ancora di fronte ad un prodotto notevole, una riuscita commistione tra il melodramma (in cui molti hanno colto influenze dal romanzo "Jane Eyre" (1847) di Charlotte Brontë) e l'horror psicologico, totalmente privo di effetti speciali o di sequenze shock ma unicamente basato sulle atmosfere inquietanti, sulle suggestioni minacciose, sulla paura dell'ignoto, sulla linea di confine tra sogno e realtà, superstizione e religione, scienza e occultismo, in cui la ragione cede il passo ai terrori ancestrali insiti nell'inconscio umano. Il regista è bravissimo a scavare all'interno di questa dimensione soprannaturale inesplorata, provocando la suspense attraverso ciò che non viene detto e che non viene mostrato esplicitamente. Particolarmente riuscite le scene notturne con il sottile gioco di luci e ombre che ci regala brividi autentici in alcune sequenze memorabili, come quella della torre, quella del campo di grano o il drammatico epilogo. E' ovviamente un'opera di nicchia per cultori raffinati e per cinefili esigenti che non si sentono a disagio con il cinema introspettivo, datato e in bianco e nero. Gli amanti dello splatter e degli "effettacci" disturbanti stiano pure alla larga. Il termine "zombi" viene qui usato in conformità all'originale derivazione del vudù haitiano, ovvero nel senso di persona che versa in stato di catalessi a causa di una maledizione che la pone in balia di un malvagio negromante. Solo a partire dagli anni '60, soprattutto grazie ai film di George Romero, lo "zombi" è diventato sinonimo di morto vivente che si nutre di carne umana e trasmette il contagio attraverso il suo morso.

Voto:
voto: 4/5

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