venerdì 25 agosto 2017

Scusate il ritardo (Scusate il ritardo, 1983) di Massimo Troisi

Vincenzo, giovane napoletano apatico e disoccupato che vive insieme alla madre e alla sorella sposata, trascorre le sue giornate tra rituale indolenza, l'aiuto dato alla famiglia attraverso piccole faccende quotidiane, la malcelata invidia per il fratello Alfredo, attore affermato e punto di riferimento familiare, e l'assillante e goffo amico Tonino che, in preda alle paturnie amorose per essere stato lasciato dalla fidanzata, lo costringe a sorbirsi i suoi sfoghi all'insegna di un disperato vittimismo. L'incontro con Anna dà uno scossone alla sua accidia, i due si mettono insieme e vivono una storia d'amore tra alti e bassi a causa del carattere intorpidito di Vincenzo che non soddisfa la vitalità sentimentale della ragazza. Il secondo lungometraggio di Massimo Troisi (da lui scritto insieme ad Anna Pavignano, diretto ed interpretato) è, probabilmente, il suo film migliore, il più divertente, equilibrato, armonioso e denso dal punto di vista dello scandaglio psicologico dei personaggi e dell'esposizione della filosofia di vita dell'autore. All'insegna di un umorismo surreale e irresistibile, che tratteggia nuovamente un ritratto originale e alternativo della Napoli giovanile, priva dei classici stereotipi ma ritratta con una tenera ironia malinconica in bilico tra nevrosi, spontaneità e inadeguatezza, questo film brillante e stralunato supera in buona parte la struttura a sketch, ereditata dagli spettacoli di cabaret del trio "La Smorfia", che aveva caratterizzato il travolgente esordio registico dell'attore, abbracciando uno stile più omogeneo e lineare basato sul meccanismo che prevede un protagonista mattatore a campo libero (Troisi) e due solide "spalle" come il fido Lello Arena e la brava Giuliana De Sio. Attraversato da lampi grotteschi che ricordano le migliori atmosfere morettiane, è un compendio di dialoghi esilaranti, battute memorabili, personaggi caricaturali e situazioni di finissima comicità introspettiva. Parecchie le sequenze da antologia che meritano un posto speciale nella storia della commedia italiana: dal monologo sulla Madonna che piange o sul perchè i contadini hanno abbandonato le campagne al duetto con Arena sui "50 giorni da orsacchiotto", senza dimenticare la partita del Napoli durante l'incontro amoroso con Anna e il tentativo di consolare Tonino aspirante suicida alla stazione. Massimo Troisi conferma, con questa opera seconda, il suo talento purissimo e la sua comicità problematica e controcorrente rispetto alla classica scuola partenopea, assumendo il ruolo di nuova punta di diamante della nostra commedia. Peccato che poi il nostro non riuscirà più ad esprimersi a questi livelli nel suo costante tentativo di muoversi in bilico tra innovazione e tradizione con opere via via più astratte, eteree e sfuggenti.

La frase:
- "Vince' tu ci vieni a vedere la Madonna che piange ?"
- "No padre, cioè l'ho detto già, non è per cattiveria che non voglio venì, è nu periodo che proprio non.. loro lo sanno. Mi sento abbattuto, triste, non lo so, nun c'ha facc a vedé altra gente che piange, veramente..."
- "Come gente? A' Madonna che è, gente ?"
- "No, che c'entra, mica voglio dire che la Madonna è.. nun c'ha facc, è nu fatt mio, cioè so' io che sto così, e voglio vede' gente nu pocu cchiù... allegra... Sinceramente, se rideva ci venivo !"

Voto:
voto: 4/5

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