lunedì 7 agosto 2017

Il mistero Von Bulow (Reversal of Fortune, 1990) di Barbet Schroeder

La ricca e bella nobildonna Sunny von Bülow cade per due volte in coma nel giro di un anno: la prima volta per un presunto abuso di alcool e medicinali e la seconda, irreversibile, per una dose fatale di insulina. Il marito Claus von Bulow, affascinante ma squattrinato rampollo dell'aristocrazia europea, viene condannato a trent'anni di carcere per duplice tentato uxoricidio da un tribunale americano nel 1982. L'uomo, che si è sempre dichiarato innocente, si rivolge al leggendario avvocato ebreo Alan Dershowitz per ricorrere in appello e questi fa uso di tutta la sua abilità per smontare l'impianto accusatorio, sollevando tutte le incongruenze delle perizie medico legali e utilizzando persino le favorevoli deposizioni degli allievi di Harvard di Von Bulow. Dopo una lunga battaglia legale la Suprema Corte dello Stato del Rhode Island assolve l'imputato da ogni addebito a suo carico, ribaltando la sentenza iniziale. Ma la giustizia ha davvero trionfato ? Austero dramma diretto con stile glaciale (e qualche guizzo eccentrico) da Barbet Schroeder, ispirandosi liberamente all'autobiografia dell'avvocato Alan Dershowitz, a sua volta tratta dal reale caso giudiziario che appassionò morbosamente i media americani negli anni '80. Più che un legal thriller il film è un melodramma raffreddato sospeso tra il giallo e la tragicommedia, con ambizioni di parabola crudele sulle nevrosi delle classi privilegiate e sull'ipocrisia che spesso regola il rapporto di coppia (specie se "eccellente"). Esteticamente raffinato, potente nella sua capacità di trattenere le pulsioni in favore di una enigmatica inerzia espressiva, è però troppo distaccato nel tono e troppo inamidato nel disegno dei personaggi per colpire totalmente nel segno. Il finale ambiguo pone la pellicola in un alveo superiore rispetto alla media hollywoodiana, ma non basta a riscattarne del tutto la scostante freddezza. L'approccio narrativo che omaggia Viale del tramonto denota l'amore del regista per il grande cinema classico. Due fuoriclasse della recitazione come Glenn Close e Jeremy Irons vengono tenuti "al guinzaglio" dal formalismo algido voluto dall'autore, ma risultano ugualmente eccellenti nel loro sopraffino lavoro per sottrazione. Irons fu premiato con un Oscar "riparatore" come miglior attore protagonista.

Voto:
voto: 3,5/5

Nessun commento:

Posta un commento