domenica 27 agosto 2017

Non c'è pace tra gli ulivi (Non c'è pace tra gli ulivi, 1950) di Giuseppe De Santis

Francesco, pastore reduce di guerra, torna al suo paese natio dove non riesce a trovare lavoro. Deluso e disperato, decide di rubare delle pecore al signorotto locale, il losco Agostino, che ha fatto fortuna grazie ad una serie di speculazioni a danno dei concittadini durante i durissimi anni bellici. Denunciato, arrestato e condannato a quattro anni, Francesco riesce ad evadere e cerca di vendicarsi di Agostino che, intanto, gli ha insidiato la ragazza e rapito la sorella, dandosi alla macchia. Ma adesso l'intero paese è dalla parte dell'evaso che, pur inseguito dai carabinieri, non esita a mettersi sulle tracce del furfante. Melodramma neorealista di ambientazione rurale diretto da De Santis con stile sopraffino ed un senso dell'azione che guarda al cinema americano. Tra le pieghe di un tragico affresco sociale sulla lotta di classe, si nasconde una parabola politica sulla rivoluzione comunista, non priva di una sottile tensione erotica sull'attrazione repressa tra uomo e donna. Schematico nel suo messaggio e prevedibile nell'evoluzione narrativa, pecca di propagandismo ideologico ma è diretto con assoluta maestria e notevole spettacolarità, avvalendosi delle ambientazioni aspre dei monti della Ciociaria che, con il loro profilo spigoloso, assecondano il carattere turgido dei personaggi. Nel cast svetta la fisicità ammaliante di Raf Vallone e Lucia Bosè, ma il più bravo è Folco Lulli nei panni dello spregevole Agostino. La prima parte dell'opera, rudemente realistica e forte di un naturalismo carnale, è da preferire alla seconda, più canonica nella sua immaginabile risoluzione finale.

Voto:
voto: 3,5/5

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