sabato 19 agosto 2017

Riso amaro (Riso amaro, 1949) di Giuseppe De Santis

La giovane Francesca, cameriera d'albergo, ruba la collana di una cliente su istigazione del suo amante, il losco Walter, e fugge in treno da Torino mescolandosi insieme alle mondine che vanno nel vercellese a lavorare nelle risaie. Fingendosi una di loro per sfuggire alla polizia, Francesca ne condivide la dura vita di lavoro manuale nell'acqua delle piantagioni, ma una sua compagna, l'avvenente Silvana, le ruba la collana durante la notte. Quando arriva Walter, che capisce in fretta come stanno le cose, non ci pensa due volte a sedurre Silvana usando la sua abilità di donnaiolo incallito e una moltitudine di false lusinghe. La ragazza diventa la sua amante e lascia il fidanzato, il sergente dell'esercito Marco Galli, che, dopo la delusione, inizia a corteggiare Francesca, sempre più pentita del gesto criminoso commesso. Epilogo tragico. Straordinario melodramma della seduzione, capace di fondere con sorprendente abilità le sue anime diverse (fotoromanzo popolare, erotismo torbido, giallo di provincia, affresco storico neorealista), dando vita ad un superbo ritratto epico e appassionato dell'Italia rurale del secondo dopoguerra, sospeso tra vile meschinità e ingenuo ottimismo. Ebbe un immenso successo di pubblico in Italia e all'estero (anche in America dove ricevette una candidatura all'Oscar per il miglior soggetto a Giuseppe De Santis e Carlo Lizzani), spaccò in due la critica per la sua audace natura ambiguamente sensuale e viene unanimemente ritenuto il primo grande trionfo commerciale del nostro neorealismo. Grazie all'inatteso riscontro popolare, al loro fascino e all'efficacia dell'interpretazione, i protagonisti Vittorio Gassman, Silvana Mangano e Raf Vallone divennero immediatamente dei divi sulla ribalta internazionale. Unico punto debole: la sceneggiatura a volte macchinosa nella ricerca della suspense, con cadute in incerti grovigli narrativi che sembrano guardare ad un certo cinema americano facilone. Memorabile la Mangano, che grazie alla sua prorompenza statuaria fece sognare gli spettatori di tutto il mondo, diventando una fulgida icona della bellezza italiana. La torrida sequenza in cui si dimena ballando il boogie-woogie o la sua figura giunonica che si staglia, in calze nere, dall'acquitrino della risaia, sono entrate di diritto nella Storia del Cinema, esattamente come la Marilyn con gonna svolazzante sulla grata della metro in Quando la moglie è in vacanza.

Voto:
voto: 4,5/5

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