Nell'America degli anni '20 il giovane provinciale Roy Hobbes tenta di sfondare nel mondo del baseball ma un tragico incidente ne stronca le ambizioni di carriera. Molti anni dopo, in seguito alla morte del padre che lo ha sempre spinto a coltivare i suoi sogni di gloria sportiva, il nostro decide di ritentare la scalata, si costruisce una mazza usando il legno di un tronco d'albero colpito da un fulmine e parte per Chicago in cerca di fortuna. Nonostante abbia già 35 anni diventerà un campione assoluto nello sport per cui sembra possedere un talento naturale e si realizzerà, pur tra mille difficoltà, come stella del baseball professionistico. Dal romanzo omonimo di Bernard Malamud del 1952, Barry Levinson ha tratto, alla sua maniera, un dramma sportivo eroico ed allegorico, carico di retorica edificante che celebra i buoni sentimenti e la mitologia del Sogno Americano. Tra atmosfere nostalgiche, romanticismo melanconico e una dimensione epica che stinge nel favolismo, l'autore mette in scena un fumettone hollywoodiano patinato e simbolicamente enfatico, costruito ad hoc per toccare le emozioni del pubblico nel modo più facile possibile. I suoi meriti maggiori sono tecnici: la splendida fotografia "mitica" di Caleb Deschanel e le musiche solenni di Randy Newman. Anche il cast appare in ottima forma, specialmente nelle seconde linee dietro all'ingombrante protagonista Robert Redford, non esattamente a suo agio nell'interpretare prima un ventenne e poi un quasi quarantenne. Invece brillano di luce propria Robert Duvall e Glenn Close, candidata all'Oscar come migliore attrice non protagonista. Le sequenze di gioco sono filmate con spettacolare dinamismo ma anche con un pomposo abuso del ralenti che svela il formalismo trionfalistico alla base dell'opera.
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