In un mondo bizzarro e immaginifico lo scienziato malvagio Krank vive in una fatiscente piattaforma sul mare insieme ad una moglie nana e a sei figli da lui clonati, ma nati "difettati". L'uomo invecchia prematuramente perchè ha perso la capacità di sognare e per questo fa rapire i bambini dai Ciclopi (delinquenti ciechi) in cambio di occhi artificiali. Krank estrae i sogni dal cervello dei piccoli per cercare di fermare il suo invecchiamento. One, gigante dal cuore buono, omaccione fuori e bambino dentro, cerca di salvare il fratellino finito nelle mani del folle Krank e si fa aiutare dalla piccola Miette. Affascinante favola gotico fantastica di Jean-Pierre Jeunet e Marc Caro, densa di suggestioni potenti, immagini visionarie, stile steampunk, simbolismi arcani ed una raffinatezza formale che lascia ammirati e straniti al tempo stesso. Come già fatto in Delicatessen (1991), gli autori riescono a creare un mondo grottesco, post-apocalittico, oscuro, allegorico, carico di brutalità e di tenerezza, con invenzioni di audace fantasia ed una miriade di riferimenti colti che spaziano da Verne a Dickens, senza dimenticare Fellini, Gilliam e Jodorowsky, calando il tutto in un'ambientazione futuristico-vittoriana dall'estetica pittorica. Straordinaria, in tal senso, la fotografia dalla grande personalità cromatica di Darius Khondji (è lo stesso di Seven (Se7en, 1995) di David Fincher, tanto per intenderci) che è uno degli assoluti punti di forza dell'opera. Il resto ce lo mettono la rutilante fantasia degli autori, il tocco lieve e incantato, i personaggi indimenticabili, gli scenari da incubo che suggeriscono poesia e claustrofobia, le musiche evocative di Angelo Badalamenti e la bravura degli interpreti, tra cui citiamo Ron Perlman, Daniel Emilfork, Judith Vittet, Dominique Pinon e Jean-Claude Dreyfus. La storia è semplice e quasi banale nella sua morale, non a caso è una autentica favola in cui lo stile predomina sul contenuto, ma in maniera così pregnante da riuscire quasi a sostituirlo. Presentato in anteprima al Festival di Cannes, divise fortemente la critica ed è stato generalmente ignorato dal pubblico, specialmente in Italia dove è praticamente sconosciuto. Ma è un vero gioiello di arte visiva che potrà essere apprezzato da chi ama esplorare mondi fantastici, onirici e atmosfere non convenzionali. Il titolo italiano è inappropriato e totalmente fuorviante nella sua stramba "traduzione".
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