In un'America sempre più multietnica con continui arrivi di orde di immigrati, il governatore dell'Idaho, Jim Farley, decide di prendere in mano la situazione con la forza e chiude le frontiere dello stato a tutti gli stranieri. Esplode una crisi politica interna, a causa di un gruppo di esuli pachistani, in fuga da una guerra nucleare che ha colpito il proprio paese, che chiede asilo politico. Da Washington la Casa Bianca ordina di annullare il provvedimento restrittivo ma, a causa di un fraintendimento (la parola "successione" viene scambiato per "secessione") la situazione sfugge di mano e si arriva sull'orlo di una nuova guerra civile sul territorio americano. Graffiante commedia distopica, scritta da Martyn Burke e diretta da Joe Dante, sotto forma di perfida satira fanta-politica contro il potere, raffigurato come un manipolo di parrucconi saccenti, incompetenti, faziosi, egocentrici e paranoici. Con caustico sarcasmo e divertente ironia dissacrante l'autore tratteggia un affresco bizzarro e inquietante, in cui molti atteggiamenti e ideologie suonano come realistici, sebbene esasperati sotto la lente di un feroce grottesco. La critica farsesca dell'opera non risparmia nessuno e sulla graticola finiscono, oltre a governatori, presidenti e politicanti, anche i mass media, le eminenze grigie della comunicazione e della sociologia, i leader dell'economia, i gruppi nazionalistici e i sedicenti imbonitori delle masse, che agiscono a suon di slogan e di ipocrisie di facciata. Nato come un prodotto televisivo della HBO, è diventato un film per il cinema in Europa, dove è stato distribuito in sala in tanti paesi, tra cui anche l'Italia. Efficace il cast di navigati interpreti, che annovera nomi come Beau Bridges, Joanna Cassidy, Phil Hartman, James Earl Jones, James Coburn, Ron Perlman e Kevin Dunn. E' uno dei più brillanti risultati artistici di Joe Dante, sodale di Spielberg, anche se risente un po' della sua origine televisiva in certi passaggi non troppo cinematografici. Nel nostro paese fu mostrato in anteprima al Festival di Venezia e, guardandolo oggi, conserva ancora moltissimo del suo monito sinistro di attualità, anche in riferimento alla politica italiana.
Voto:
Nessun commento:
Posta un commento