Missouri, 1881. La banda criminale dei fratelli James è tristemente famosa per le sue rapine ai danni di banche, convogli ferroviari e diligenze. Tra questi Jesse, il fratello minore, è il leader carismatico, pistolero infallibile dai modi eleganti, celebrato nei racconti popolari come un eroe ribelle e ammirato dai membri della sua banda, in particolare dal giovane Robert Ford che nutre per lui un sentimento morboso, un misto di venerazione e invidia. L'estrema diffidenza di Jesse, che non si fida di nessuno e meno che mai di Robert, trasforma gradualmente la devozione del ragazzo in risentimento, frustrazione e rabbia, fino alle estreme conseguenze. Tratto dal romanzo omonimo di Ron Hansen, scritto e diretto dal regista neozelandese Andrew Dominik, questo film è un (anti)western malinconico introspettivo in cadenze di lenta ballata sommessa, autunnale nei toni, riflessivo nello stile e naturalistico nelle dense ambientazioni, cariche di fascino evocativo sulla fine di un'epoca. Raccontando l'ultimo anno di vita del bandito Jesse James, l'autore è interessato ad esplorarne i profondi conflitti interiori e la caducità del mito, attraverso il complesso rapporto psicologico con il "codardo" Robert Ford, vanitoso e pavido, che vorrebbe essere come lui ma sa di non possederne le abilità e quindi lo invidia profondamente, fino a convincersi che il solo modo che ha per emularne la fama è quello di ucciderlo a tradimento, per illudersi di averlo superato. Più della vicenda in sè (che è arcinota e, qualora per qualcuno non lo fosse, viene già ampiamente riassunta dal titolo esplicitamente divulgativo), conta il rapporto ambiguo e cannibalesco, analizzato con dovizia di sfumature psicologiche, tra un "vincente" carico di paranoie e un "perdente" divorato da gelosia e ambizione. Il punto di arrivo della riflessione sembra voler indicare quanto le mitizzazioni romanzesche di antieroi controversi come Jesse James siano fragili ed effimere, perchè fondate su basi inconsistenti, ingenue utopie molto distanti dalla verità storica. E' quindi lecito affermare che questo profondo e solido "western" intimistico, poco gradito dal pubblico per la mancanza di convenzionale spettacolarità e azione, sia una critica operazione di demitizzazione, anti-romantica e cupamente problematica. E' probabilmente un film un po' troppo dilatato, con qualche passaggio di manierismo contemplativo più sofisticato che utile, ma il suo approccio acuto è fuori discussione, così come i suoi momenti di volo alto, i suoi simbolismi iconoclasti e le sue sequenze di magnifica suggestione. Affascinante fotografia di Roger Deakins ed eccellenti interpretazioni di tutto il cast principale, tra cui ricordiamo Brad Pitt, Casey Affleck, Mary-Louise Parker, Sam Rockwell, Jeremy Renner, Sam Shepard. Due nomination agli Oscar (Affleck attore non protagonista e la fotografia di Deakins) e Coppa Volpi al miglior attore (Brad Pitt) al Festival di Venezia. Nessun dubbio sulla bravura di Pitt in questo ruolo, ma la performance di Casey Affleck è ancora più sottile, complessa e sfaccettata.
La frase: "Non riesco a capire... Tu vuoi essere come me… O vuoi essere me ?"
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