Texas, anni '50. Lou Ford è il giovane sceriffo di una piccola cittadina, un uomo schivo di poche parole ma rispettato dalla comunità per il suo atteggiamento gentile e disponibile. Ma in realtà Lou ha un'indole sadica e incline alla violenza, da ragazzo ha commesso dei delitti per puro "piacere" ma è riuscito ad uscirne pulito grazie al fratellastro che se ne assunse la colpa. Una volta divenuto tutore della legge ha saputo tenere a freno i suoi peggiori istinti e nascondere il suo segreto. Chester Conway, l'uomo più ricco della contea, gli affida il compito di far sloggiare la bella Joyce, una prostituta di cui il figlio si è invaghito. L'incontro con la ragazza risveglia in Lou i suoi impulsi selvaggi: egli inizia con lei una torbida relazione a base di sesso violento di natura sadomasochistica e, dopo l'idea della donna di ricattare il figlio di Conway, lo sceriffo, ormai totalmente succube del suo lato oscuro, elabora un terribile piano. Truce psico-thriller di Michael Winterbottom, tratto dal romanzo omonimo di Jim Thompson, agghiacciante nei toni ed efferato nelle sequenze, inquietante nella sua lucida riflessione sul male che alberga nella natura umana e che può esplodere, incontrollato, in determinate condizioni scatenanti. Il film è un viaggio disturbante in una mente malata, raccontato dalla prospettiva del protagonista Lou, il serial killer della porta accanto e dall'aspetto tranquillo, che agisce per il mero desiderio di soddisfare le sue intime pulsioni morbose, equiparando il sesso al delitto in un'unica contorta forma di libido psicofisica. Non è soltanto un ritratto in nero sul male sinistro che si nasconde sotto il perbenismo della remota provincia americana, brutale, conformista e ignorante, ma un autentico trattato di psicopatologia che prescinde dalle condizioni sociali e punta il dito contro quell'inclinazione ancestrale alla violenza che risiede, a livello seminale, nel retaggio "di frontiera" della cultura americana. E' un film pulp privo di ironia, un po' effettistico nelle sue indulgenze morbose, ma sconvolgente soprattutto per i suoi risvolti psicologici. Nel cast Casey Affleck è perfetto nei panni del sadico protagonista e Kate Hudson sorprende positivamente per come riesce a calarsi in un personaggio losco e drammatico. Totalmente inadeguata è invece Jessica Alba nel ruolo cruciale di Joyce: troppo bella, troppo "pulita" e troppo inespressiva per apparire credibile, muovendosi spesso sul filo del ridicolo involontario. E' invece di grande efficacia la ricostruzione ambientale d'epoca, che conferisce alla vicenda una densa contestualizzazione sordida.
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