Il dark side della vita di Bob Crane: attore, batterista e conduttore radiofonico molto popolare negli anni '60, soprattutto grazie alla serie televisiva comica "Hogan's Heroes". La sua esistenza di marito fedele e padre amorevole venne sconvolta dall'incontro con il tecnico video John Carpenter (da non confondere con l'omonimo e famoso regista horror), un libertino malato di sesso che trascinò Crane nel suo mondo di orge e perversioni, facendogli imboccare prematuramente un triste viale del tramonto. Solo e dimenticato da tutti, Crane venne brutalmente ucciso in uno squallido motel nel 1978 e il principale sospettato del delitto fu il "compagno di merende" Carpenter. Ma le prove decisive non furono mai trovate. Adattando il libro inchiesta "Auto Focus: The Murder of Bob Crane" di Robert Graysmith, il calvinista Paul Schrader ha tratto un dramma biografico a tinte fosche, totalmente nelle sue corde per la materia trattata. Il rigido moralismo di Schrader lo ha spesso attratto verso storie oscure e "peccaminose", da utilizzare come simbolo del degrado della società americana. Stavolta l'analisi del regista, più che dedicarsi ai contenuti sessuali espliciti o alle donne che ne diventano "oggetto", affonda impietosamente la lama nella mentalità dei fruitori, nella psicologia dei consumatori della pornografia dipingendoli come uomini soli, disperati, anime perse senza possibilità di redenzione che vivono la loro erotomania come un'ossessione compulsiva, un atto meccanico che, più che piacere o soddisfazione, provoca una stanca assuefazione, che quindi richiede subito una nuova dose ancora più massiccia. Una dipendenza drammatica (e misera) più che "indecente" o "immorale", in cui il desiderio si atrofizza in egoistico voyeurismo. Auto Focus non è dunque un film erotico ma un film tragico, più psicologico che fisico, la squallida storia di un declino spirituale, una caduta in abisso di cui l'autore incolpa il generale lassismo etico e culturale del nostro tempo, una debolezza intrinseca che consente alle sirene incantatrici del vizio (qui magnificamente incarnate dal mefistofelico Carpenter di Willem Dafoe) di aggirare facilmente le difese dell'animo umano e penetrare nel profondo. Greg Kinnear è altrettanto incisivo nel ruolo di Crane e il risultato è un film visivamente splendido e perfettamente centrato nel suo messaggio di denuncia. I familiari di Crane e Carpenter lo hanno invece aspramente criticato per il ritratto (a loro giudizio) "non veritiero" offerto dei due protagonisti. Ancora oggi, dopo una lunga serie di indagini, riaperture, testimonianze, processi e test tardivi del DNA, il caso dell'omicidio Crane rimane insoluto. E Carpenter, a lungo unico principale sospettato, poi assolto per insufficienza di prove, è deceduto nel 1998.
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