mercoledì 28 aprile 2021

La cerimonia (Gishiki, 1971) di Nagisa Oshima

Rievocazione della storia di una potente famiglia aristocratica giapponese, i Sakurada, attraverso le memorie di un "figliol prodigo" che, avvertendone il peso sfiancante, ha sempre cercato di tenersene lontano, vivendo all'estero. Alla morte del vecchio patriarca il nipote Masuo è costretto a tornare a casa per organizzarne il rito funebre ed ereditare, suo malgrado, la guida della famiglia. In occasione del suicidio di un cugino, che si era volontariamente esiliato da tempo su un'isola, Masuo si reca sul posto, insieme alla moglie del defunto, per onorarne le spoglie. Durante il viaggio ripercorre con la mente l'intera storia della famiglia, prestigiosa e ingombrante, con tutto il suo carico di tradizioni, rituali, onori, tragedie e incomprensioni. Giunti sull'isola troveranno un'amara sorpresa. La cerimonia è uno dei grandi capolavori del cinema giapponese e il miglior film di Nagisa Oshima, la somma della sua arte, anarchica e scomoda nei contenuti, ma edificata sul culto dell'immagine, di grande possanza simbolica e di raffinata fascinazione visiva. E' un'opera corale, densa e profonda, percorsa da tensioni interiori e tormento esistenziale, pervasa dall'ombra della morte e dal fardello di una tradizione troppo pesante da sopportare. Nella forma di un solenne bilancio storico-familiare, esplicitato attraverso flashback di mirabile suggestione, riflette, criticamente, sulla storia del Giappone del dopoguerra e sulla complessità di esserne degni cittadini in età moderna. Oshima fa parte della terza generazione di registi giapponesi post bellici ed è sempre stato in aperta polemica verso i maestri del glorioso passato (Mizoguchi, Kurosawa, Ozu, Kobayashi, Masumura). Il suo cinema anticonformista si è sempre rivolto all'analisi critica della "palude" di ipocrisia, scoramento e ribellismo in cui è impantanata la gioventù del suo paese. La cerimonia è stato il suo primo successo mondiale e il film che lo ha reso famoso in occidente, opera severa e rituale, fortemente contrastata ma indubbiamente esemplare nella sua magistrale lezione storica. Si apre in un aeroporto e si sviluppa attraverso continui salti all'indietro, facendo scorrere, sullo sfondo dei ricordi del protagonista, la storia giapponese: dall'occupazione americana al tramonto dei miti imperiali, fino al modernismo odierno, caotico e privo di riferimenti. La ricerca del tempo perduto di Masuo diventa la fredda radiografia di un paese escluso dalle grandi decisioni storiche, animato da spinte di cambiamento, ma anche schiacciato dal peso dei grandi interessi economici, che ne tarpano gli ideali barattandoli con modelli di vita consumistici preconfezionati. Proprio come in una cerimonia, gli eventi del passato sfilano in sequenza, evanescenti fantasmi della memoria, fino al raggelante epilogo sulla spiaggia, in cui l'antico rito del suicidio (intimamente connesso alla cultura nipponica) assume tutta la sua metaforica valenza ideologica. Con questo film Oshima compie una sorta di simbolico harakiri cinematografico, portando a pieno compimento il suo percorso iconoclasta di rottura delle tradizioni e dissacrazione degli atavici rituali. E, in questo atto ambizioso (e per certi versi arrogante), spinge la sua arte dissacrante verso nuovi orizzonti, intenti a svelare il vero volto del Giappone, per troppo tempo celato sotto abiti da "cerimonia".
 
Voto:
voto: 5/5

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