mercoledì 21 aprile 2021

Ratataplan (1979) di Maurizio Nichetti

L'ingegner Colombo, fresco laureato, non trova lavoro e deve arrangiarsi come barista. Per portare un bicchiere d'acqua a un potente industriale moribondo attraversa correndo l'intera Milano, gli capitano mille imprevisti che insozzano l'acqua, rendendola un intruglio immondo ma incredibilmente "miracoloso". Il magnate si riprende e guarisce del tutto. In breve si sparge la voce e il bar dove lavora Colombo diventa meta di pellegrinaggio di ogni sorta di malato in cerca del "miracolo". Il nostro vorrebbe sfruttare la scoperta, ma viene preceduto dal ricco presidente che ha guarito per primo, che si compra il bar e lo trasforma in santuario. Lo scalognato ingegnere si ritrova di nuovo senza impiego e si dà al teatro, mettendo in piedi una scalcinata compagnia che gli provoca altri guai ed un nuovo fallimento. Invaghitosi di una bella ballerina, che non lo considera minimamente, costruisce un robot con le sue sembianze capace di ballare come John Travolta, allo scopo di conquistare la ragazza. Tutto sembra andar bene, ma anche stavolta non durerà a lungo. Folgorante esordio di Maurizio Nichetti con questa commedia strampalata, surreale, qua e là poetica, girata a basso costo ma capace di sbancare il botteghino oltre ogni aspettativa, risultando l'undicesimo incasso italiano dell'anno. Un successo di pubblico clamoroso che proiettò improvvisamente Nichetti sotto i riflettori della ribalta nazionale, facendo parlare della nascita di un nuovo tipo di comicità e guadagnandosi il soprannome di Buster Keaton lombardo. Le intenzioni del regista (che ha anche scritto e interpretato la pellicola) erano quelle di realizzare un film "quasi muto", ispirato allo stile di Jacques Tati, dove i dialoghi sono sostituiti da una mimica fortemente espressiva, da suoni onomatopeici, situazioni kafkiane e una ridda di parole in linguaggi stranieri non facilmente identificabili. Privo di una vera e propria storia, il film si compone di un magma di bozzetti in frenetico movimento, ambientati in una Milano alienante che si fa simbolo delle ansie e dei problemi sociali dell'Italia alle soglie degli anni '80. Omaggiando mostri sacri della comicità classica come Chaplin e Keaton, Nichetti interpreta il film con la bizzarra leggerezza di un folletto saltellante, una marionetta iperattiva in balia della vita, che passa di delusione in delusione senza battere ciglio, tra guizzi e lazzi, in una commistione di malinconia, follia e tenerezza. Non tutto funziona bene, ma l'energia dissacrante di questa stravagante satira di costume è arrivata al cuore del pubblico, cambiando per sempre la carriera dell'autore.

Voto:
voto: 3,5/5

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