Hong Jong-du è un giovane disadattato e con problemi psichici, dal fisico possente e il cervello di un bambino. Bistrattato dalla società, entra ed esce di prigione per atti violenti e stranezze di ogni tipo. Si assume la colpa di un incidente stradale in cui muore una persona e sconta due anni e mezzo di carcere. Alla sua uscita cerca, con grande difficoltà, di inserirsi nella società e va a porgere le sue scuse alla famiglia della vittima dell'incidente. Qui conosce Han Gong-ju, figlia dell'uomo ucciso, ragazza resa disabile da un ictus cerebrale e costretta su una sedia a rotelle. Tra i due nasce una strana e intensa relazione che viene però osteggiata da tutti per la loro condizione. Quando la famiglia di lei li sorprende in intimità, denuncia il ragazzo per violenza sessuale su disabile e Hong Jong-du ritorna di nuovo in carcere. Potente dramma sulla "diversità" di Chang-dong Lee, film "scandalo" annunciato al 59-esimo Festival di Venezia, dove ha vinto, tra scroscianti applausi, due premi: Premio speciale per la regia a Chang-dong Lee e Premio Marcello Mastroianni per l'attrice protagonista, Moon So-ri. Un film discusso ma non discutibile, un capolavoro di realismo, crudele e poetico, un atto di accusa e un grido di dolore, privo di conciliazioni e appoggi sentimentali, che colpisce duro lo spettatore al cuore e allo stomaco, ma che sa anche toccare emozioni profonde, grazie alla sensibilità del regista. Il suo linguaggio è semplice e diretto, è il linguaggio silenzioso del dolore, così disperatamente tenero da risultare disarmante. In molti hanno evocato il neorealismo italiano e lo stesso autore ha dichiarato espressamente di averlo utilizzato come fonte d'ispirazione per questo suo terzo lungometraggio. E' un film lungo, audace e anche faticoso, che suscita reazioni forti ed estreme (dal comico al tragico, dall'indignazione alla commozione), evitando sempre saggiamente le trappole della retorica e del pietismo, e non disdegnando sequenze brutali, quando necessario. Alcuni hanno criticato la scelta stilistica di mostrare le scene di sesso tra i due disabili protagonisti, ritenendole troppo "disturbanti". Ma, molto ingenuamente o in totale malafede ideologica, non hanno inteso che lo scopo del regista era proprio quello di provocare lo sdegno nello spettatore, per farlo poi sentire esattamente come i moralisti negativi del film, che agiscono (e giudicano) nello stesso modo. Assolutamente memorabili gli inserti surreali di geniale visionarietà (le luci-farfalle, la trasformazione di Han Gong-ju) e la scena della supplica all'amata fuori dalla finestra. L'oasi a cui allude il titolo è quella disegnata su una stoffa indiana appesa nella stanza della ragazza. Un luogo ideale in cui fuggire con la mente, per non sentirsi più diversi, ma solo innamorati.
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