giovedì 22 aprile 2021

Tramonto (Napszállta, 2018) di László Nemes

Budapest, 1913. Dopo alcuni anni trascorsi in Italia la giovane Irisz Leiter torna in Ungheria con il desiderio di lavorare nella cappelleria appartenuta ai suoi defunti genitori, ma viene respinta dal nuovo proprietario. Per nulla scoraggiata la ragazza si mette alla ricerca di un suo presunto fratello, Kálmán, di cui ignorava l'esistenza. Ma la ricerca la conduce attraverso l'oscurità di una città sull'orlo del baratro, alla vigilia dello scoppio della prima guerra mondiale. Elegantissimo dramma storico di László Nemes, di sontuosa impaginazione formale ma raggelante nel suo senso più profondo: raccontare il "tramonto" di un'era e il crepuscolo di una civiltà, pronta a sprofondare nell'abisso della "Grande Guerra", il primo (e purtroppo non ultimo) atto di quella violenza collettiva che ha segnato definitivamente il Novecento con il sangue e con il fuoco. Il regista ungherese si riconferma autore sopraffino, impegnato, visivamente ricercato e latore di uno sguardo "nuovo" sui grandi temi tragici della storia, con un piede nel passato ed un occhio lungimirante anche al presente. Tutte cose già dimostrate, ad altissimi livelli, nel suo capolavoro d'esordio: Il figlio di Saul. E questo suo secondo lungometraggio ne ricalca, in parte, lo stile e l'approccio perchè Nemes è sempre interessato alla Storia, ai suoi eventi epocali e drammatici come fonte dell'orrore: un'oscurità morale, ideologica e sociale che travolge, annichilisce e spezza vite umane. Tramonto, come evidenziato già del titolo emblematico, è un film epitaffio, un solenne affresco decadente, con atmosfere da mistery che trovano il loro tripudio nel percorso di ricerca attraverso i labirinti (metaforici) di una Budapest notturna e inquietante, un viaggio simbolico nelle tenebre di una civiltà ormai pronta ad entrare nel periodo più buio della storia moderna. In tal senso è corretto dire che questo film, pur raccontando una storia diversa, è una sorta di prologo preparatorio rispetto ai temi de Il figlio di Saul. E' anche un film struggente, evocativo, un possente romanzo storico dal respiro epico, abilmente costruito su contrasti e parallelismi: si pensi, ad esempio, all'eleganza barocca dell'aristocrazia, agli abiti, agli orpelli, allo sfoggio pomposo dei clienti abituali della cappelleria rapportato con il tormento, la paura, la rabbia, la brutalità di una rivolta già da tempo in fermento e pronta ad esplodere in tutta la sua furia. Oppure alla sovrapposizione tra il "commercio"  sessuale delle "cortigiane" vendute ai vizi dei ricchi patrizi con la mattanza dei corpi umani nelle trincee di guerra. Da segnalare infine la bella prova dell'attrice protagonista Juli Jakab e le musiche di László Melis. La pellicola è stata premiata al Festival di Venezia con il Premio FIPRESCI . 
 
Voto:
voto: 4/5

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