sabato 17 aprile 2021

Hardcore (1979) di Paul Schrader

Jake Van Dorn, industriale di successo, moralista e provinciale, viene abbandonato da moglie e figlia per il suo carattere rigido e intransigente. L'uomo assume un investigatore privato per rintracciare la giovane figlia Kristen, ma farà una terribile scoperta: la ragazza è finita in un mondo di prostituzione e pornografia. Jake deve fare i conti tra la sua etica intolleranza e l'amore familiare. Alla fine prevale il secondo e il padre disperato si mette alla ricerca di Kristen, per salvarla da quella squallida vita. Una squillo coraggiosa lo aiuterà a districarsi in quell'universo oscuro e pericoloso, nei cui meandri gravitano anche personaggi potenti e insospettabili. Inquietante dramma morale di Paul Schrader, uno dei suoi film più emblematici, sentiti e simbolici. Per poterlo analizzare al meglio è necessario conoscere l'inflessibile formazione calvinista ricevuta dall'autore, un'ideologia, in parte condivisa e in parte subita, inestirpabilmente connessa con la sua personalità e che ne ha condizionato vita e carriera. Hardcore è una sorta di lucida e sofferta seduta di autoanalisi  che Schrader realizza su sè stesso, sulla sua educazione, sul fanatismo religioso tipico di certa America di provincia, sul conflitto interiore tra codici comportamentali e umana compassione e sulla beffarda tragicità della legge del contrappasso. Il film si apre proprio a Grand Rapids (dove il regista è nato e cresciuto), la città dove (per lui) tutto ha avuto inizio. E', dunque, un film profondamente intimo e personale, una profonda riflessione autocritica sul calvinismo e, più in generale, sulle ideologie integraliste di natura religiosa o morale. Il viaggio allegorico di Jake Van Dorn, perfettamente interpretato da George C. Scott, è un'odissea spirituale dell'autore nel nucleo delle sue convinzioni dottrinali, un cammino di autoflagellazione attraverso la Sodoma e Gomorra della tentacolare metropoli californiana, Los Angeles, qui illustrata come terra di peccato e di perdizione. Il Virgilio che lo guida, l'investigatore privato Andy Mast, si rivelerà un personaggio ambiguo e corrotto, e la brutale immersione nel peccaminoso inferno che è il mondo del porno, non farà che accrescere l'adesione del protagonista ai suoi rigidi valori, ma, anche l'inevitabile senso di colpa per aver in qualche modo favorito lo smarrimento della figlia, proprio a causa di quei valori fondamentalisti. E' proprio in questo conflitto che Schrader denota il suo intelligente senso critico, dimostrando (a sè stesso?) che estremismo e amore non vanno d'accordo, che qualunque fede va sempre filtrata attraverso la lente della misericordia e che è ben più "divino" il perdono che la punizione. Molti critici hanno sottolineato un parallelismo tra la struttura narrativa di Hardcore e quella del capolavoro fordiano Sentieri Selvaggi (il viaggio come allegoria di un profondo cimento esistenziale). Una teoria affascinante e  non priva di fondamento, solo che Schrader baratta l'epicità tematica del celebre western con una maggiore introspezione critica e con una espressiva attenzione al concetto temporale: la vicenda del film è scandita dai passaggi attraverso le diverse stagioni, che qui diventano il simbolo di differenti tappe evolutive spirituali. Come a dire che un percorso psicologico di questo tipo è una metafora sempre attuale, a volte necessaria o, addirittura, urgente.
 
Voto:
voto: 4/5

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