martedì 27 aprile 2021

Il mestiere delle armi (2001) di Ermanno Olmi

Gli ultimi giorni di vita del leggendario condottiero e capitano di ventura Giovanni de' Medici, passato alla storia come Giovanni delle Bande Nere. Nel 1526 le armate dei Lanzichenecchi di Carlo V invadono il Nord Italia in direzione Roma, per conquistare lo Stato Pontificio. Giovanni, fedele al papa Clemente VII, di cui era nipote, cerca di fermarli sul Po. Il granduca di Ferrara tradisce la causa del papato e dona agli invasori germanici quattro potenti cannoni. Uno di questi ferirà mortalmente Giovanni a una gamba, causandone la morte dopo 4 giorni d'agonia. Imponente dramma storico avventuroso di Olmi, critico, epico, rigoroso, solenne, visivamente stupefacente. Tanto minuzioso nella densa ricostruzione storico-politica d'epoca, quanto arioso nell'ampliamento metaforico dei temi trattati, con riflessioni etico-filosofiche sul senso dell'onore, sul valore della fedeltà, sull'iconografia della morte eroica. E sulla guerra. Perchè la guerra era, a quei tempi, un "mestiere" (come da titolo), una scelta di vita da onorare fino al sacrificio estremo, perchè non si nasce soldati, ma lo si diventa e ci si muore. Il film è anche una parabola malinconica sulla fine di un'epoca: Giovanni e il suo nobile "mestiere" soccombono al cambiamento tecnologico della guerra, per mezzo del quale il coraggio degli uomini viene sopravanzato dalle nuove macchine di morte, inesorabilmente letali e distruttive. La guerra assume una nuova terribile connotazione, disumanizzata, incontrollabile, e il "mestiere" lascia il posto alle carneficine "meccaniche". Lo struggente commento musicale (il Requiem) sottolinea anche la fine del sogno politico di un impero universale, divorato dalla ferocia di molti nuovi nazionalismi. E' un'opera potente e raffinata, esteticamente segnata dal buio, dal freddo e dal dolore. Densa di scene memorabili (la sofferenza di Giovanni, le grandi sequenze di battaglia, la Padania "ricostruita" in Bulgaria) e di rimandi colti al cinema di Rossellini e di Tarkovskij, è stato il film più costoso, impegnativo e ambizioso del maestro orobico. Vinse 9 David di Donatello, facendo man bassa nell'edizione 2002, ma avrebbe anche meritato maggiori riconoscimenti internazionali. Appartiene alla categoria di quei grandi film storici d'autore, attenti al realismo e al valore artistico, piuttosto che compiacenti verso il pubblico. Film "rischiosi", che ormai in Italia si ha troppa paura di fare. Eppure la nostra storia è piena di grandi vicende che meriterebbero di essere raccontate.
 
Voto:
voto: 4,5/5

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