venerdì 23 aprile 2021

Il minestrone (1981) di Sergio Citti

Due sfaccendati morti di fame della periferia romana (interpretati da Franco Citti e Ninetto Davoli) si uniscono al "Maestro" (Roberto Benigni), accattone ciarliero specialista nel mangiare a scrocco. Il trio vaga per l'Italia con l'ossessione del cibo, incontrando una schiera di bizzarri soggetti di svariata natura e classe sociale che condividono la stessa urgenza: un cameriere ladro, una ragazza che gestisce un'impresa di pompe funebri, una famiglia di ricchi nobili messa sul lastrico dalle tasse ed un santone fuori di testa (Giorgio Gaber) che li conduce su valichi alpini. Satira grottesca e bozzettistica di Sergio Citti sul tema della fame, grande tormento dell'Italia dell'immediato dopoguerra, atavico spauracchio del proletariato, figura allegorica dei film del neorealismo, tragico flagello dei paesi sottosviluppati. In questo film stralunato ed errabondo la fame diventa condizione esistenziale, ansia compulsiva, voracità insaziabile, espressione allegorica di una miseria morale profonda, di un'avidità che fa rima con gozzoviglia, di una deriva parassitaria che intende mettere sulla graticola i vizi e i malcostumi di un'Italia degradata e priva di riferimenti. La colorita galleria di personaggi incontrati dagli "affamati" durante il loro girovagare senza senso, è un circo escheriano di figuranti esili, mai realmente incisivi, il cui ipotetico simbolismo è più vicino alla macchietta che al sarcasmo. L'impressione che emerge a fine visione è quella di un reticente farsesco più giocoso che affilato, un accumulo di populismo alla rinfusa programmaticamente "strano" per mascherare la scarsità di ossatura portante. Un minestrone molto ricco ma scipito.
 
Voto:
voto: 2,5/5

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