venerdì 5 maggio 2017

Amadeus (Amadeus, 1984) di Milos Forman

Vienna, 1823: il vecchio musicista di corte Antonio Salieri, ormai dimenticato e rinchiuso in manicomio dopo un tentativo di suicidio, confessa a un sacerdote di aver trascorso la sua vita consumato dall’odio e dall’invidia nei confronti di Wolfgang Amadeus Mozart, uomo volgare e dissoluto ma baciato dal tocco divino del genio, capace di scrivere melodie celestiali e per lui inarrivabili. Scosso nel profondo da un misto di disprezzo e ammirazione per il suo geniale rivale, Salieri rivela di averne cinicamente provocato la morte, commissionandogli in incognito il suo ultimo capolavoro incompiuto, il “Requiem”, e favorendo così il crollo psicofisico dell’uomo, già minato nella mente e nel corpo da anni di vita scellerata. Biografia elegantissima, “infedele”, romanzata e storicamente poco attendibile di Miloš Forman, che trae spunto dalla “leggenda” della rivalità tra Mozart e Salieri ai tempi della loro permanenza alla corte dell’imperatore Giuseppe II d’Asburgo. Ispirato all’omonima pièce teatrale del 1979 di Peter Shaffer (autore anche della sceneggiatura), è un film sfarzoso, visivamente imponente e dalle molte bellezze, sontuoso nella ricostruzione storico ambientale, prezioso nelle scenografie e nei costumi, ricco di estro creativo e di impudente energia sregolata, filtrate attraverso la lente distorta della prospettiva di Salieri che è protagonista, antagonista e narratore della vita, breve e straordinaria, di Mozart. Le molte obiezioni sollevate dagli storici pedanti che hanno storto il naso vanno rilette, e giustificate, in questa luce soggettiva: l’Amadeus di Forman è un Mozart raccontato da Salieri, per dar forma ad un apologo ambiguo sull’eterna lotta tra il talento e la mediocrità, vecchia quanto l’uomo. Nel cast, tra Tom Hulce, Simon Callow, Elizabeth Berridge, Christine Ebersole e Jeffrey Jones, spicca un monumentale F. Murray Abraham che tratteggia un Salieri carico di sfumature e di tormenti. Esistono due versioni dell’opera: quella cinematografica di 160 minuti e la director’s cut di 173 minuti, presentata in anteprima al Festival di Berlino nel 2002. Il film fu un trionfo agli Oscar 1985, dove si aggiudicò ben otto statuette: miglior film, regia, F. Murray Abraham attore protagonista, sceneggiatura non originale, costumi, scenografia, trucco e sonoro.

La frase:Si, è vero, sono volgare, ma vi garantisco che la mia musica non lo è.

Voto:
voto: 4/5

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