lunedì 8 maggio 2017

Essere John Malkovich (Being John Malkovich, 1999) di Spike Jonze

Craig è un burattinaio di scarso successo, sposato con l’assillante Lotte, donna trasandata che lavora in un negozio di animali. I due vivono una squallida esistenza di stramba precarietà fino a quando Craig non trova lavoro come archivista in una strana ditta, situata al settimo piano e mezzo di uno stabile di Manhattan (con i soffitti così bassi da rendere impossibile la postura in piedi) e s’invaghisce della bella collega Maxine. In questo particolare ambiente lavorativo il nostro scopre un tunnel segreto che conduce, per soli 15 minuti, dentro la testa dell’attore John Malkovich, per poi essere brutalmente espulsi in un prato del New Jersey vicino all’autostrada. Eccitato dalla scoperta, Craig la condivide prima con la moglie e poi con Maxine, che decide di farne subito un lucroso business: 200 dollari a testa per un viaggio di 15 minuti nella mente di Malkovich. Bizzarra commedia surreale dai toni grotteschi che segna l’esordio cinematografico di Spike Jonze regista e di Charlie Kaufman sceneggiatore. A metà strada tra la farsa stralunata, l’epopea dell’assurdo, la parodia della cultura di massa, l’apologia del narcisismo, la psicoanalisi metafisica e la critica alla società dello showbiz (sono evidentissimi i riferimenti ai celebri “15 minuti” citati da Andy Warhol), è un pretenzioso mix di comico e drammatico, leggibile a vari livelli, che risulta straordinario nella prima parte (indubbiamente irresistibile per la sua sfacciata cialtroneria concettuale), salvo poi aggrovigliarsi su se stesso nella seconda, all’insegna di una manieristica ridondanza. Di certo è tutto tranne che un film banale, forse fin troppo ricercato per risultare sincero, geniale o irritante a seconda dei punti di vista e delle posizioni ideologiche rispetto al cinema allucinato e cervellotico nato dalla penna di Kaufman. Eletto immediatamente a pellicola di culto dai cinefili anticonformisti amanti del cinema weird, ebbe tre candidature agli Oscar (regia, sceneggiatura originale e la Keener attrice non protagonista) e può contare su un cast di prim’ordine: John Cusack, Cameron Diaz (imbruttita e irriconoscibile per l’occasione), Catherine Keener e, ovviamente, John Malkovich nel ruolo di sé stesso. Memorabile la sequenza dei tanti Malkovich al ristorante, un puro incubo kafkiano di straniante suggestione che riflette impunemente sul labile concetto di identità.

Voto:
voto: 3,5/5

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