lunedì 8 maggio 2017

La rosa purpurea del Cairo (The Purple Rose of Cairo, 1985) di Woody Allen

Durante la Grande Depressione la barista Cecilia, sognatrice romantica, vive in una cittadina provinciale del New Jersey con un marito zotico, ubriacone e fannullone, che si fa mantenere dalla donna. Gli unici momenti di evasione di Cecilia dalla sua squallida vita sono i pomeriggi trascorsi al cinema a sognare ad occhi aperti. Innamorata del personaggio di Tom Baxter, protagonista del suo film preferito (“La rosa purpurea del Cairo”), che ha rivisto svariate volte, la nostra viene un giorno premiata per il suo entusiasmo da una sorta di incredibile “miracolo”: il fascinoso Baxter esce dallo schermo e prende vita nel mondo reale, vivendo una storia d’amore con lei. Intanto gli altri personaggi del film si trovano costretti ad aspettare il suo ritorno per poter proseguire con la storia da raccontare. Splendida commedia fantastica alleniana, tra i suoi lavori più riusciti e carichi d’inventiva degli anni ’80, che omaggia e celebra la magia del cinema, fabbrica dei sogni, come fonte inesauribile di emozioni, suggestioni, incanto, meraviglia, struggimento. E’ un film per sognatori stracolmo di nostalgico lirismo, di armoniosa grazia, di tenera poesia e di accorata complicità verso tutti quei perdenti, inguaribili romantici, che, ogni giorno, in ogni età e in ogni parte del mondo, vagheggiano una vita migliore facendosi rapire dalle grandi storie che scorrono sul grande schermo. Evidentissimo l’omaggio a Buster Keaton ed al suo capolavoro La palla n° 13, con il principio della doppia trasmutazione da un lato all’altro dello schermo e viceversa. Incantevole, soave, ipnotico e leggero nella sua sapiente miscela di ironia e tenerezza, sembra fatto della stessa materia dei sogni, con dei tocchi di deliziosa comicità non privi di un fondo di velata amarezza. Il costante contrasto tra il senso di sconfitta incombente e la volontà irrazionale di farsi rapire dalle proprie passioni, è la cifra stilistica più intima di quest’opera ammaliante e sorprendente, in cui il grande autore newyorkese ha dispensato a fiotti il suo genio, il suo tocco lieve e la capacità di parlare dei propri miti attraverso la trasfigurazione di un immaginifico fantastico che si esplica in questa grande romanza onirico sentimentale. Allen si diverte, ci diverte e sa toccarci il cuore nel modo giusto, col piglio del grande narratore di razza che sa rendere credibile l’incredibile. Ottimo il cast, con Mia Farrow, Jeff Daniels, Danny Aiello, Dianne Wiest e Irving Metzman. Il film ebbe una nomination agli Oscar ’86 per la bella sceneggiatura, come al solito scritta dallo stesso Allen. E’ un must imperdibile dell’itinerario alleniano, un magistrale esempio di metacinema surreale modulato sull’onda di un fine umorismo e di una sottile malinconia.

Voto:
voto: 4,5/5

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