domenica 31 ottobre 2021

Dragonheart (DragonHeart, 1996) di Rob Cohen

Nell'anno 984 Bowen, cavaliere ramingo cacciatore di draghi, sfida Draco, l'ultimo drago volante (e parlante) sopravvissuto, in una lunga tenzone che si conclude in uno stallo, con i due contendenti stremati. Durante la tregua i due scoprono di avere un nemico comune, il malvagio Re Einon che opprime il popolo con la sua crudele tirannia, al quale Draco aveva donato anni prima la metà del suo cuore per salvarlo da una morte certa, ottenendo in cambio la promessa (non mantenuta) che questi avrebbe regnato con giustizia, decoro e compassione. Il cavaliere e il drago decidono così di allearsi contro Einon, ma, a causa del dono citato prima, l'eventuale morte del despota porterebbe inevitabilmente anche alla morte di Draco. Questo fantasy cavalleresco avventuroso di ambientazione medioevale di Rob Cohen è una favola per adulti e piccini, attraversata da un respiro epico di facile presa per il pubblico, un'ironia leggiadra ed un alone malinconico sul tramonto di un'epoca di nobili ideali e di grandi valori eroici. E' un gradevole intrattenimento per famiglie diventato famoso per i formidabili effetti speciali in computer grafica realizzati dalla ILM di George Lucas per dare vita al grande dragone parlante (doppiato in lingua originale da Sean Connery e modellato sulle espressioni del suo viso attraverso le prime sperimentali tecniche di performance capture digitale, per il quale questo film rappresenta un autentico precursore). Al netto delle inevitabili banalità, cadute stucchevoli e sentimentalismi di maniera di un prodotto hollywoodiano di questo tipo, la pellicola risulta divertente per il suo tono mai serioso, spesso indulgente in un simpatico umorismo. Ottenne un buon successo al botteghino mondiale ed ebbe 4 sequel mai usciti in sala ma direttamente per il mercato home video. Nella versione italiana doppiata, la voce di Draco è del grande, e compianto, Gigi Proietti.

Voto:
voto: 3/5

The General (1998) di John Boorman

Straordinario ritratto biografico di Martin Cahill, il più famoso gangster irlandese dei tempi moderni, conosciuto da tutti come "Il Generale" e idolatrato da molti facinorosi come una sorta di novello Robin Hood. Il film parte dalla fine e poi ricostruisce gli eventi salienti della vita di Cahill in flashback: dall'infanzia poverissima nel degradato quartiere dublinese di Hollyfield alla formazione di gruppi di teppistelli dei bassifondi che rubavano generi alimentari e di prima necessità. Dimostrando fin da subito il carisma del capo, Cahill passa presto alle rapine ed al crimine più efferato, con attentati, omicidi, corruzione di pubblici ufficiali, truffe in grande stile e colpi milionari sempre più ambiziosi. Quando si metterà contro i terroristi dell'IRA, per lui sarà l'inizio della fine. Tratto dal libro d'inchiesta del giornalista irlandese Paul Williams, questo cupo noir d'ambiente, scritto e diretto da John Boorman e impaginato in un magnifico bianco e nero di fascinazione classica, è un sontuoso affresco di violenza e di morte che fonde il realismo scarno del cinema di denuncia, la malia oscura del romanzo epico criminale, la crudeltà visiva dei grandi ganster-movie americani e la distorsione sarcastica del pamphlet a sfondo sociale. E' difficile trovare una nota stonata o una scena fuori posto in quest'opera, che è indubbiamente uno dei risultati più alti della carriera di Boorman, purtroppo mai distribuita in Italia e resa disponibile soltanto nel 2003, sui canali dell'emittente satellitare a pagamento Tele+. E' anche un ottimo film di attori, con Brendan Gleeson e Jon Voight spettacolari nei rispettivi ruoli. Il regista subì realmente un furto eseguito da Cahill, che entrò nella sua abitazione e trafugò un disco d'oro, credendolo un oggetto di grande pregio, ma che era invece un premio cinematografico di valore unicamente affettivo. La scena è stata rigorosamente inserita nel film.

Voto:
voto: 4/5

Senza un attimo di tregua (Point Blank, 1967) di John Boorman

Dal romanzo "Anonima carogne" di Donald E.Westlake (che per firmare il libro usò lo pseudonimo di Richard Stark). Il gangster Walker organizza un grosso colpo ai danni di un corriere che trasporta gli incassi di una bisca clandestina, insieme al suo socio e amico Mal Reese. Ma questi lo tradisce nella maniera più perfida: a cose fatte gli spara, si impossessa dell'intero bottino e gli ruba anche la moglie. Ma Walker ha la pellaccia dura, non è morto, dopo un po' si rimette in sesto ed organizza una sopraffina vendetta ai danni dei due traditori. Solido noir gangsteristico in stile "hard-boiled" di John Boorman, sul tema della vendetta tra criminali. E' un film violento e teso, appassionante e intricato, carico di patos nelle scene cruciali e diventato immediatamente di culto alla sua uscita per molti appassionati del genere, a causa delle ambientazioni atipiche e affascinanti (i sobborghi di Los Angeles e l'isola di Alcatraz), del suo ritmo dinamico, del suo stile crudo e della efficace interpretazione del protagonista Lee Marvin (uno dei duri per eccellenza del cinema americano degli anni '60, che qui ci offre una delle sue performance più cupe e sfaccettate). Non passa inosservata la presenza di Angie Dickinson, che a quei tempi era un autentico splendore, oltre che una brava attrice. Il film ha avuto uno stolto remake: Payback - La rivincita di Porter (Payback, 1999) di Brian Helgeland, con Mel Gibson nel ruolo di Porter. In realtà il personaggio del romanzo ispiratore si chiama Parker (modificato in Walker dal film del '67 e in Porter da quello del '99) ed a lui è stato anche dedicato il film Parker (2013) di Taylor Hackford, con Jason Statham e Jennifer Lopez, tratto però da un altro romanzo di Donald E.Westlake ("Flashfire: fuoco a volontà").

Voto:
voto: 3,5/5

Duello nel Pacifico (Hell in the Pacific, 1968) di John Boorman

Durante la seconda guerra mondiale, un pilota americano abbattuto sull'oceano approda miracolosamente su una remota isola del Pacifico, il cui unico abitante è il capitano giapponese Kuroda, che vi è naufragato tempo prima. A causa del conflitto bellico che li divide i due uomini, non sapendo come passare il tempo, iniziano a combattersi tra loro in una lunga battaglia privata, dapprima per il possesso delle risorse alimentari e poi in una sorta di reciproco scherno, per affermare la superiorità del proprio paese sul nemico. Originale dramma avventuroso di guerra di John Boorman, reso difficile da dimenticare per l'affascinante ambientazione esotica agli antipodi, per la stranezza della situazione e per la bravura degli unici due attori sempre in scena, Lee Marvin e Toshirô Mifune. E' un film metaforico con un forte contenuto pacifista che indaga sulla natura umana messa alla prova da condizioni estreme, sul contrasto tra militarismo e solidarietà sotto la spinta del naturale istinto di sopravvivenza e sul rapporto ancestrale tra l'uomo e la natura selvaggia, che risiede implicitamente nel nostro retaggio primordiale e che è alla base del nostro passaggio esistenziale su questo pianeta di cui siamo ospiti. La produzione impose un finale diverso e più netto rispetto a quello voluto dal regista ed è questo quello che si trova nella maggior parte delle versioni circolanti. Esistono però alcune rare edizioni in home video in cui è stato inserito il finale originale pensato da Boorman. Il film ha avuto un remake, Gli ultimi guerrieri (Coastwatcher, 1989) di Martin Wragge, ed una pellicola di fantascienza ad esso palesemente ispirata: Il mio nemico (Enemy Mine, 1985) di Wolfgang Petersen. Ad onor di cronaca l'idea di base della vicenda venne utilizzata per la prima volta nel quasi sconosciuto b-movie americano S.O.S. Naufragio nello spazio (Robinson Crusoe on Mars, 1964) di Byron Haskin
 
Voto:
voto: 3,5/5

Excalibur (1981) di John Boorman

Il piccolo Artù è stato concepito con l'inganno dal Re britannico Uther Pendragon e da Igraine, moglie del Duca di Cornovaglia Gorlois, con Uther che, per mezzo di un incantesimo, ha assunto le sembianze di Gorlois pur di passare una notte d'amore con la bella Igraine. Il Mago Merlino prende in custodia il bimbo appena nato e lo affida alle cure sapienti del nobile Sir Ector, perchè Artù ha un grande destino che lo aspetta da adulto e non deve fallire il suo compito: riuscire ad estrarre dalla roccia la leggendaria spada Excalibur, acquisendo così il potere necessario a fondare il Regno di Camelot e diventarne il legittimo sovrano. Sfarzoso adattamento cinematografico delle antiche leggende bretoni su Re Artù, i cavalieri della Tavola Rotonda, la spada nella roccia, Mago Merlino, Morgana, Lancillotto e Ginevra, tratto dal racconto letterario "La morte di Artù" di Sir Thomas Malory, che viene trasposto con fedele rispetto dei canoni medioevali e dello spirito intimo dell'opera, pur con diverse modifiche alla storia dettate dalle esigenze del grande schermo. E' un epico fantasy cavalleresco ante litteram, spettacolare e visivamente prezioso, infarcito di miti, melodrammi, battaglie, grandi imprese, tradimenti, eroi e anatemi, con immagini potenti, scenografie grandiose, costumi ricercati ed effetti speciali artigianali di buona efficacia. Può essere considerato uno dei progenitori dei vari fantasy di grande successo che hanno spopolato al botteghino mondiale negli anni 2000. Alla sua uscita ebbe un ottimo riscontro commerciale, ma divise la critica, venendo da molti criticato per la sua fragilità drammaturgica e per essere tutto stile e poca sostanza. Ma ad avercene molti altri di kolossal fantastici come questo. Dal punto di vista tecnico è un'opera impeccabile e scintillante: a quanto già citato vanno sicuramente aggiunte le menzioni della fotografia dai toni contrastati di Alex Thomson (che esalta il simbolismo della lotta tra bene e male attraverso i suoi netti passaggi cromatici dall'oscuro al brillante) e della colonna sonora ipnotica di Trevor Jones, che si avvale di sonorità che richiamano i "Carmina Burana" ed alcuni temi wagneriani. Il cast corale abbonda di grandi nomi (che però all'epoca erano ancora poco conosciuti perchè ad inizio carriera) come Nigel Terry, Helen Mirren, Nicholas Clay, Cherie Lunghi, Paul Geoffrey, Gabriel Byrne e Liam Neeson. Venne premiato al Festival di Cannes con un tributo speciale al contributo artistico al regista John Boorman e ricevette una candidatura agli Oscar per la miglior fotografia. Per gli amanti delle atmosfere anni '80 è un film imperdibile.

Voto:
voto: 3,5/5

The Score (2001) di Frank Oz

Nick Wells è un ladro professionista che ha deciso di ritirarsi e uscire dal giro, dedicandosi alla sua donna ed al suo club esclusivo di musica jazz. Viene contattato dal vecchio Max, un grande ricettatore con cui in passato ha lavorato insieme, per un ultimo colpo grosso, molto rischioso ma anche altamente remunerativo: rubare uno scettro francese del '600 di inestimabile valore custodito nel caveau della dogana di Montréal. Gli ostacoli tecnici da superare sono tanti ma il giovane Jack Teller, ambizioso basista che ha ideato il piano, fingendosi mentalmente ritardato per farsi assumere come inserviente della dogana, sembra possedere, sulla carta, le soluzioni giuste. Quello che però lo blocca è l'apertura della cassaforte blindata, che sembra impossibile, e per questo ha bisogno del talento di Nick. Solleticato dall'idea di tornare in gioco e spinto dai debiti che ha contratto nel tempo, Nick accetta, con l'intento di sistemarsi definitivamente. Ma ci saranno sorprese. Thriller di azione di Frank Oz appartenente al sempre accattivante genere degli "heist movie", non particolarmente originale nell'impianto narrativo e facilmente prevedibile nelle svolte ad effetto, ma forte di alcuni meriti indubbi. Innanzi tutto la presenza nel cast di tre grandissimi attori che garantiscono un imperdibile confronto tra 3 diverse generazioni di Hollywood: Edward Norton, Robert De Niro ed il leggendario Marlon Brando (qui alla sua ultima apparizione sul grande schermo), che fa un piccolo ruolo ma conserva ancora immutato il suo carisma e la sua innata capacità di dominare la scena. Alla fine il più convincente è l'eclettico Norton, sempre credibile e intenso in tutto quello che fa, che riesce a mettere in ombra un altro mito del cinema americano come De Niro. Vedere i tre insieme all'opera vale ampiamente il prezzo del biglietto e giustifica pienamente la visione della pellicola. Un'altra menzione d'onore la merita l'affascinante colonna sonora jazz di Howard Shore, una partitura di non immediata ricezione ma di notevole spessore tecnico, che sarà sicuramente apprezzata dagli appassionati competenti. Brando, che qui appare già appesantito nel fisico e provato dalle sue malattie, che purtroppo lo condurranno alla morte 3 anni dopo, non ha smentito fino alla fine la sua fama di attore turbolento e bizzoso, l'incubo di tutti i registi e produttori con cui ha lavorato durante la sua incredibile carriera. Anche sul set di The Score ha incominciato fin da subito a litigare pesantemente con Frank Oz, disapprovando ogni sua indicazione e prendendosi beffe di lui per i suoi trascorsi di doppiatore dei Muppet. Alla fine, per girare le sue scene, il celebre divo ha accettato solo alla condizione di essere diretto da De Niro, un collega da lui stimato e verso cui provava la fiducia necessaria. Di Marlon Brando c'è n'è stato uno e uno solo, e poi hanno gettato via lo stampo. In tutti i sensi.

Voto:
voto: 3/5

Il sarto di Panama (The Tailor of Panama, 2001) di John Boorman

Harry Pendel è un inglese che vive a Panama dove gestisce una sartoria di abiti di lusso. Indebitato fino al collo e col rischio di perdere tutto, Harry cede alle lusinghe di Andy Osnard, un cinico agente segreto britannico inviato nel paese centroamericano per controllare la delicata situazione politica, dopo che la gestione del Canale è stata da poco assegnata al governo locale. Andy ricatta il sarto, promettendogli il denaro necessario a ripianare i suoi disavanzi economici in cambio di informazioni importanti. Harry inizia ad inventarsi di sana pianta un cumulo di menzogne, inizialmente per soldi e poi per il piacere che prova nel sentirsi coinvolto in un gioco avventuroso. Ma metterà in moto ingranaggi pericolosi, mettendo a rischio la sua vita, quella di Andy e i delicati equilibri diplomatici tra Panama e le forze governative anglo-americane. Solido thriller spionistico di John Boorman, tratto dal romanzo omonimo di John Le Carré, che ha anche collaborato alla scrittura della sceneggiatura insieme al regista e ad Andrew Davis (che realizzò la prima versione, poi pesantemente modificata, dello script). Per quanto l'evidente modello di riferimento sia Il nostro agente all'Avana (Our Man in Havana, 1959) di Carol Reed, questo bel film di critica politica a base di graffiante ironia nera ha ritmo, scatto, raffinatezza e personalità, ribaltando con intelligenza molti stereotipi del genere all'insegna di una corrosiva denuncia satirica sui giochi di potere, sull'arrogante invadenza della politica estera statunitense, sulla pavida sudditanza inglese nei confronti dell'alleato d'oltre oceano e sulla maldestra dabbenaggine di molti diplomatici, che si trovano a dover prendere decisioni cruciali senza possederne le capacità, la saggezza e il rigore morale che invece dovrebbero essere una condizione necessaria. Eccellenti i due interpreti principali, un eclettico Geoffrey Rush, che incarna con sobrietà l'ingenua incoscienza di un comune perdente che sogna di diventare qualcuno, ed un viscido Pierce Brosnan, elegante affabulatore senza scrupoli che è il perfetto esempio di trasformista sopravvissuto alla "Guerra Fredda" e riadattato al nuovo assetto internazionale.

Voto:
voto: 3,5/5

Spy Game (2001) di Tony Scott

Tom Bishop è un giovane agente della CIA che è stato catturato, durante una missione segreta sotto copertura, dalle autorità cinesi, rinchiuso in carcere e condannato a morte per spionaggio. Nel quartier generale di Langley in Virginia, i vertici americani decidono di abbandonarlo al suo destino per non correre il rischio di compromettere i rapporti diplomatici con la Cina alla vigilia di un importante trattato economico tra i due paesi. Nathan Muir, agente esperto di lungo corso al suo ultimo giorno di lavoro prima della pensione, è stato mentore e protettore di Bishop, a cui vuol bene come ad un figlio. Nonostante le reticenze dei suoi capi, lo scaltro Muir intuisce come stanno le cose e decide di agire di testa propria per salvare il suo allievo prediletto. Thriller di spionaggio di Tony Scott basato sulla tensione psicologica nel conflitto tra morale e ragione di stato e sul bel rapporto di amicizia virile tra i due affascinanti protagonisti, il saggio e granitico Nathan Muir, interpretato dal "vecchio" leone Robert Redford e lo scapestrato e coraggioso Tom Bishop di Brad Pitt, sempre a suo agio nei panni del ribelle "maledetto". La presenza scenica dei due grandi divi riempie il film e mette in ombra tutto il resto, anche perchè la sceneggiatura di Michael Frost Beckner e David Arata non brilla di certo per originalità e spessore analitico, mentre la regia di Tony Scott è conforme alla convenzionale linea spettacolare dei prodotti hollywoodiani. Le presunte ambizioni di critica alla politica estera statunitense ed al cinismo spietato del potere, che mette gli interessi politici davanti alla vita dei suoi uomini impegnati in prima linea, è grossolana, di maniera e poco pungente. La sottotrama romantica appare posticcia ma funzionano egregiamente i flashback del passato che ci mostrano l'evoluzione del rapporto tra l'allievo e il maestro. Pitt, da molti considerato l'erede naturale di Redford, regge benissimo il confronto con il grande mito hollywoodiano e ci regala una performance intensa e nervosa, riconfermando l'alto livello medio degli attori americani, al di là dell'avvenenza fisica.
 
Voto:
voto: 3/5

sabato 30 ottobre 2021

I ragazzi stanno bene (The Kids Are All Right, 2010) di Lisa Cholodenko

Nic e Jules sono due donne che si amano da molti anni ed hanno concepito due figli, Joni e Laser, ormai adolescenti, tramite inseminazione artificiale. Al compimento dei 18 anni Joni decide di scoprire l'identità di suo padre e, tramite la banca del seme e una lunga serie di ricerche, raggiunge il suo scopo. L'uomo si chiama Paul ed è un ristoratore sottaniere che vive nelle periferie di Los Angeles. Dopo la scoperta, Nic e Jules si convincono ad accoglierlo nel loro nucleo familiare. Intelligente commedia drammatica della californiana Lisa Cholodenko, autrice anche della sceneggiatura insieme a Stuart Blumberg, sul tema attualissimo della famiglia allargata e non necessariamente eterosessuale. E' un bel film di scrittura e di recitazione, ovvero basato su uno script solidissimo e sulle performance esemplari di un cast in gran forma, che annovera Julianne Moore, Annette Bening, Mark Ruffalo, Mia Wasikowska e Josh Hutcherson. Ormai è quasi una regola che il meglio delle produzioni d'oltre oceano arrivi dal circuito indipendente, mettendo al centro dell'attenzione lo spessore dei contenuti, la fluidità e il realismo della struttura narrativa e gli elementi basilari del cinema classico (sceneggiatura, regia, attori), focalizzandosi sull'equilibrio e sull'asciuttezza dei toni piuttosto che sui funambolismi degli effetti speciali. A parte gli elementi già citati, la forza di questo film maturo e liberale sono i dialoghi brillanti, l'ampiezza di sfumature emotive e la capacità di raccontare i problemi della vita quotidiana (in un contesto che molti benpensanti definirebbero "anormale") senza mai annoiare o ricercare effettismi sentimentali, in bilico tra ironia e dramma, e sotto l'alone di una tenera umanità. Quattro candidature "pesanti" agli Oscar 2011: miglior film, sceneggiatura e agli attori Annette Bening e Mark Ruffalo. Come spesso capita, purtroppo, ai prodotti di cinema indipendente di questo tipo, nel nostro paese è passato del tutto in sordina.

Voto:
voto: 3,5/5