venerdì 29 ottobre 2021

Sulla mia pelle (2018) di Alessio Cremonini

Dramma biografico di Alessio Cremonini, prodotto da Netflix e ispirato ad uno dei fatti di cronaca più inquietanti, controversi e complessi degli ultimi anni, che ha destato molto clamore nell'opinione pubblica dando vita ad una lunga serie di processi, accuse, sospetti e proteste pubbliche contro l'operato delle forze dell'ordine. La notte del 15 ottobre 2009 Stefano Cucchi, giovane tossico romano, viene fermato da una pattuglia di carabinieri e trovato in possesso di varie dosi di hashish e cocaina. Condotto in caserma e sottoposto a diversi interrogatori, viene messo in custodia cautelare e, dopo aver accusato un malore, condotto in ospedale. Sul suo corpo vengono riscontrati lividi, ematomi, lesioni e fratture, ma il giovane, che soffre anche di epilessia, si rifiuta di denunciare i carabinieri che lo hanno interrogato. Le sue condizioni peggiorano inesorabilmente, anche a causa di un fisico già debilitato da anni di abusi di droghe e problematiche varie, e Stefano muore dopo una settimana, nell'ospedale Sandro Pertini, tra atroci dolori. Il caso, apparso subito strano a tutti, viene tenuto in vita dall'azione civile incessante di Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, che fin da subito muove pesanti accuse di pestaggio, violenza e tortura contro i militari che hanno interrogato il ragazzo nella notte dell'arresto. La pubblicazione sui giornali di alcune foto scioccanti del corpo martoriato di Stefano, diffuse dalla sorella subito dopo la sua morte, scatenano una forte indignazione popolare contro i carabinieri, che subito però negano prontamente ogni addebito. Grazie alla determinazione di Ilaria, che non arretra di un centimetro e dedica la sua vita a rendere giustizia al fratello morto, si apre un lungo processo durato 6 anni e che, alla fine, dopo continui ribaltamenti nei vari gradi di giudizio, porterà alla condanna a 13 anni di due militari dell'Arma dei Carabinieri per lesioni aggravate e omicidio preterintenzionale. La vicenda giudiziaria non è ancora chiusa, ma sono ancora in corso procedimenti contro altri carabinieri e alcuni medici dell'ospedale dove Stefano Cucchi si spense il 22 ottobre 2009. Il regista Cremonini ha realizzato un film lucido e critico, un atto di accusa veemente ma non effettistico, che abbraccia la tesi della famiglia Cucchi (d'altra parte sostenuta da incontestabili prove fotografiche e dalla sentenza finale del tribunale che gli ha dato pienamente ragione), sollevando riflessioni agghiaccianti su alcune zone d'ombra della giustizia italiana, sia relativamente alle forze dell'ordine che a tutto quell'apparato burocratico che agisce a volte in modo connivente e ostruzionistico, per tutelare i propri interessi di casta e non quelli, superiori, del bene comune collettivo e della salvaguardia della dignità di ogni uomo. La pellicola evita accuratamente la retorica populista ed ogni sorta di faziosità ideologica, sceglie saggiamente di lasciare fuori fuoco ogni forma di violenza esplicita, non traccia un'agiografia di Stefano Cucchi (di cui vengono mostrati chiaramente i comportamenti deteriori e le pessime abitudini da piccolo delinquente di strada) e non lo elegge a martire, ma, piuttosto, a vittima di un sistema malato e compromesso e di una brutale mentalità di prevaricazione e di impunità, che parte dai bulletti delle periferie degradate e arriva fino a dentro le caserme di pubblica sicurezza, coinvolgendo anche coloro che, in teoria, dovrebbero difendere i cittadini e garantire la corretta amministrazione della giustizia. Come da titolo, Sulla mia pelle è un film che ruota intorno ad un corpo, quello esile, provato e martoriato di Cucchi, che si erge, come un monito sconvolgente, a simbolo dell'ingiustizia. Eccellente interpretazione di Alessandro Borghi, che ha aderito con impressionante mimesi al progetto, trasformandosi nel fisico, nello sguardo e negli atteggiamenti, per calarsi col maggior realismo possibile nei panni di Cucchi, e sottoponendosi ad una ferrea dieta che gli ha fatto perdere circa 20 kg. in poco tempo prima di iniziare le riprese. Il risultato finale è una pellicola dolorosa e cupa, una denuncia netta e sufficientemente equanime, che non vuole infangare l'intero apparato delle forze dell'ordine ma accendere i riflettori su un problema, su un caso umano terribile, tributare rispetto alle vittime e biasimare chi ha commesso dei crimini, a prescindere se indossino o meno una divisa. Ben riuscita anche la descrizione del contesto familiare di Cucchi, con le efficaci performance di Jasmine Trinca e Massimiliano Tortora nei panni della sorella Ilaria e del padre Giovanni. L'opera ha generato inevitabili discussioni alla sua uscita, ma ha generalmente convinto gran parte della critica ed è stata premiata con 3 David di Donatello, tra cui uno al regista Cremonini e uno all'attore protagonista Borghi.

Voto:
voto: 3,5/5

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