Calcio e cinema non sono mai andato troppo d'accordo, forse perchè il primo è uno sport troppo popolare, troppo viscerale, troppo denso di "tranelli" imprevedibili, isterie collettive, fanatismo di massa ed emozioni impalpabili, per riuscire davvero a coglierne l'essenza e condensarla degnamente in una pellicole di due ore. I fratelli Zimbalist, Jeff e Michael, americani del Massachusetts, cercano di sfatare questa tradizione confrontandosi con la biografia sportiva di una leggenda del calcio mondiale, Edson Arantes Do Nascimiento, in arte Pelé, per molti il più grande calciatore di tutti i tempi, con oltre 1200 gol all'attivo e ben 3 campionati del mondo vinti in una carriera gloriosa e irripetibile, esemplare sia dentro che fuori dal campo. Il film si concentra sulla prima fase dell'epopea sportiva del celebre calciatore brasiliano, partendo dall'infanzia poverissima trascorsa in una misera favela di Bauru e passando per la bruciante sconfitta subita per 2-1 dalla nazionale verde-oro nella finale dei mondiali del 1950, in casa propria, nel "tempio" del Maracanà, contro i rivali di sempre dell'Uruguay che, con le reti di Schiaffino e Ghiggia fecero piangere un'intera nazione innamorata del calcio. In quel momento il bambino Pelé, chiamato Dico dai familiari, di fronte alle lacrime di delusione di suo padre gli promise, con lo sguardo fiero di un adulto, che da grande ci avrebbe pensato a lui a riportargli il sorriso, facendo vincere al Brasile la tanto agognata Coppa del Mondo. Così il racconto si snoda attraverso i primi calci ad un lercio pallone sui campi sterrati delle bidonville in cui il nostro già mostra a tutti il suo talento naturale, fino all'incontro fatale con le movenze tipiche della "ginga"(il passo base della capoeira) che poi diventerà il marchio di fabbrica della tecnica brasiliana, con quel modo unico di giocare quasi danzando insieme al pallone. Il climax arriva nella lunga parte finale, dedicata ai mondiali svedesi del 1958, con un Pelè non ancora diciottenne convocato in nazionale a furor di popolo e fin da subito punta di diamante di una squadra che poteva vantare tanti campioni esperti, allenata da Vicente Feola. Durante la storica finale, in cui il Brasile sconfisse per 5-2, a ritmo di "ginga", i padroni di casa (e grandi favoriti) della Svezia, Pelè mise a segno una doppietta, regalando alla Seleção la prima vittoria in un mondiale e mantenendo la promessa fatta 8 anni prima a suo padre. In particolare il primo dei due gol realizzati da "O Rei" è uno dei più belli dell'intera storia del calcio, reso ancora più speciale dal particolare contesto e dall'enorme importanza in termini di risultato sportivo. Interpretato da Kevin de Paula, Leonardo Lima Carvalho, Seu Jorge, Seth Michaels e Vincent D'Onofrio, e con un gustoso cameo del vero Pelè che compare per un attimo nella hall dell'albergo svedese in cui risiede la Seleção, questo gradevole riassunto della nascita di una leggenda del pallone risulta troppo semplicistico, troppo retorico, troppo ingenuo e troppo carico di enfasi sentimentale. Può costituire un discreto "bignami" di veloce ripasso per coloro che non conoscono Pelè e le sue gesta, ma nulla di più. E molto difficilmente potrà appassionare realmente i tifosi del calcio o coloro che hanno visto "O Rei" fare le sue magie sul campo a colpi di "danza" felina. E' invece interessante (e non da tutti conosciuta) la storia del rapporto conflittuale tra Pelè e il più maturo José Altafini, vecchia conoscenza del nostro calcio, all'epoca soprannominato Mazzola per la sua somiglianza fisica con il celebre Valentino Mazzola del Grande Torino. A quanto pare fu proprio lo stesso Altafini, prima rivale e poi sostenitore del giovanissimo Pelè, a dargli il soprannome con cui è conosciuto in tutto il mondo.
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